Furono 368 le vittime recuperate in mare, 155 i superstiti.
Sono trascorsi cinque anni e il ricordo è indelebile: i corpi ammassati sulla banchina, uno dietro l'altro, nei sacchi di plastica prima e nelle bare poi.
Alla fine, al termine di quella notte terribile, a cavallo tra il 2 e il 3 ottobre, i lampedusani ne contarono 368, quasi tutti eritrei, morti nel naufragio del barcone su cui viaggiavano, a meno di un chilometro dall'isola dei Conigli, riserva naturale nello splendido mare di Lampedusa. Un approdo mancato per le vittime della strage, un angolo di paradiso per i turisti che affollano le sue spiagge.
Nel 2013 morirono in tanti, 155 vennero salvati. Storie di vite spezzate, raccontate dai relitti delle imbarcazioni e dai giubbini di salvataggio, icone del dolore rimaste nelle spiagge dell'isola.
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Finita la stagione di Giusi Nicolini, precedente sindaco di Lampedusa, premio Unesco per la pace 2017, l'attuale primo cittadino denuncia lo stato di degrado, a suo avviso imputabile alla difficile gestione dell'ordine pubblico per la presenza dei migranti che partono dalla Tunisia.