Crollo del ponte di Genova, Salvini: colpa dei vincoli europei. L'esperta: non è proprio così

Crollo del ponte di Genova, Salvini: colpa dei vincoli europei. L'esperta: non è proprio così
Diritti d'autore Foto a sinistra: REUTERS/Stefano Rellandini
Diritti d'autore Foto a sinistra: REUTERS/Stefano Rellandini
Di Lillo Montalto Monellasimona zecchi
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

Veronica Vecchi, professoressa alla Bocconi ed esperta di gestione dei fondi pubblici europei,

PUBBLICITÀ

Poche ore dopo la tragedia del ponte Ponte Morandi sull'autostrada A 10 e mentre i soccorritori continuavano a scavare, il Ministro dell'Interno Matteo Salvini ha rilasciato queste dichiarazioni, condividendole sui suoi canali social: "Se ci sono vincoli europei che ci impediscono di spendere soldi per mettere in sicurezza le scuole dove vanno i nostri figli o le autostrade su cui viaggiano i nostri lavoratori, metteremo davanti a tutto e a tutti la sicurezza degli Italiani".

Colpa dell'Europa se le nostre strade non sono in sicurezza? Non proprio

Lo conferma a euronewsVeronica Vecchi, docente di Long Term Investment e PPP (public private partnership) all’Università Bocconi.

"In Italia, il patto di stabilità e i vincoli di bilancio dell'Unione Europea si sono scaricati a livello locale sulle amministrazioni comunali, non è questione di patto di stabilità in sè e per sè. Esso pone dei vincoli a livello nazionale, l'Italia ha deciso di trasferire a valle il contenimento del debito pubblico e del deficit", conferma la docente raggiunta telefonicamente.

Sono state le istituzioni italiane, insomma, a decidere dove tagliare.

"Chiaro che la principale spesa di investimento è quella dei comuni. Tutte le amministrazioni pubbliche hanno dei fortissimi vincoli per quanto riguarda le spese di manutenzione e quindi non vengono mai fatte. Motivo per cui la concessioni per la realizzazione di nuovi investimenti è vista in maniera molto favorevole da molte amministrazioni: gli investimenti sono così effettuati con capitali privati, con contratti di concessione a medio-lungo termine. Essi interiorizzano nel piano economico-finanziario anche i costi per il mantenimento dell'infrastruttura, i cosiddetti lifecycle costs".

Il problema vero è come l'Italia ha negoziato la concessione autostradale

Secondo Veronica Vecchi, la questione va affrontata non tanto in sede europea quanto, in primis, a livello governativo.

"Nel caso specifico", continua l'esperta, "si tratta di una concessione autostradale di competenza del Ministero delle Infrastrutture: il problema vero sulle concessioni autostradali è la negoziazione coi concessionari dei piani di investimento. La tariffa incassata da Autostrade deve essere sufficiente a coprire le manutenzione".

Rivedere il sistema di penali e decurtazioni

Il Ministro Danilo Toninelli ha già chiesto ai vertici della società di dimettersi e ha detto di aver chiesto ai funzionari del suo ministero di avviare le pratiche per revocare le concessioni per la gestione delle autostrade italiane.

Autostrade, in questo caso, potrebbe interpellare un giudice ordinario in quanto le concessioni seguono il diritto ordinario: sarà quindi una corte a decidere se potranno essere revocate.

Secondo Veronica Vecchi sarebbe utile, piuttosto, aggiornare gli schemi con cui sono impostate le concessioni, troppo vecchi. "A livello di rischio operativo, pensiamo banalmente al fatto che su tutte le tratte autostradali ci sono sempre dei lavori in corso. Essi danno o non danno luogo a penali e decurtazioni? Oppure generano semplicemente ritardidi percorrenza e disguidi? L'operatore economico in questo caso dovrebbe subire conseguenze oppure dovrebbe esistere un sistema di incentivi e penali per pianificare meglio gli orari di manutenzione. Questo, dal mio punto di vista, sarebbe un meccanismo intelligente per negoziare i contratti concessione delle opere pubbliche".

E quella richiesta di proroga della concessione in deroga alle norme europee?

Come scrive il Sole 24 Ore, dopo decenni di polemiche l'operazione Gronda aveva avuto il via libera per il finanziamento da parte della UE.

Vista la mancanza di soldi pubblici, l'opera verrebbe costruita da Autostrade per l'Italia, in cambio di quattro anni di proroga della sua concessione in vigore: la scadenza si sposterebbe dal 2038 al 2042. L'ok Ue è necessario perché l'operazione prevede che la concessione, invece di essere riassegnata con gara alla sua naturale scadenza come previsto dalle norme europee sulla concorrenza, venga prorogata a favore dell'attuale concessionario. Un meccanismo già applicato dall'Italia, che per questo era stata già più volte censurata dalla Ue. Non solo. Per evitare ulteriori problemi, nel 2014 è stato avviato un percorso per concordare con la Ue una deroga alle norme comunitarie. Ovviamente sono condizioni che valgono per tutte le opere autostradali prospettate dal Governo, tra cui le più importanti sono la Gronda di Genova e il completamento della Asti-Cuneo (della Satap, gruppo Gavino), con investimenti totali per 10 miliardi. Ora in base a queste condizioni l'Italia deve decidere se proseguire rispettandole, bloccare tutto o violarle rischiando altre procedure d'infrazione.

La docente della Bocconi fa notare come, a livello di concessioni, la Commissione Europea impone con le direttive comunitarie che la durata concessionale sia molto breve, cinque anni in genere, per favorire la concorrenza. Ma se un concessionario dovesse fare nuovi investimenti e si allungassero le tempistiche per ripagare l'investimento, viene effettuata una proroga oppure la concessione decade. "Il governo dovrebbe pagare un prezzo di riscatto che transiterebbe sul nuovo concessionario che si aggiudicherebbe la nuova gara".

"Anche a livello internazionale succede così, non siamo le pecore nere dell'europa: tutti gli stati UE fanno la voce pesante e negoziano con la commissione UE. Dal mio punto di vista", conclude la professoressa Vecchi, "non ci sarebbe nulla di strano a concedere concessioni più lunghe a fronte di concreti piani di investimento, cosa prevista anche dalle direttive comunitarie".

"Il problema vero, ribadisco, è come abbiamo valutato e negoziato i piani di investimento: consentono un'adeguata remunerazione del capitale o sono sottostimati?"

Leggi anche: Perché l’Unione europea non c’entra nulla con la tragedia di Genova

AGGIORNAMENTO: Nel pomeriggio di Ferragosto è arrivata la risposta ufficiale della Commissione Europea a Salvini. In sintesi: di fondi ne elargiamo eccome, è l'Italia a dover orientare meglio i suoi investimenti.

L'intervista video è a cura di Simona Zecchi

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Genova, il vigile del fuoco Davide Capello: "sono precipitato per 40 metri nel vuoto"

Crollo a Genova, si continua a scavare: 39 le vittime accertate

Tragedia a Mestre, Pullman precipita da cavalcavia e prende fuoco, decine di vittime