Quando la solidarità proviene da chi ha perso tutto: la storia di Ajmal Maarij

Quando la solidarità proviene da chi ha perso tutto: la storia di Ajmal Maarij
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Di Isabel Marques da Silva
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Il giovane afgano ci racconta come si potrebbero ripensare le politiche europee sull'accoglienza dei rifugiati

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Sognare di servire il proprio paese e finire con l'aiutare chi è in difficoltà. La storia di Ajmal Maarij dimostra che la solidarietà spesso proviene da chi è stato messo a dura prova dalla vita.

Quando era in Afghanistan questo giovane di 27 anni sperava di diventare un funzionario pubblico o un politico che avrebbe portato la pace e la democrazia. Ma il conflitto che ha martoriato il suo paese per decenni lo ha costretto a fuggire e a ottenere lo status di rifugiato in Belgio, nel 2012.

Ajmal Maarij, rifugiato afgano residente in Belgio

Ora lavora presso il centro per richiedenti asilo della Croce Rossa a Jette, dove gli abbiamo chiesto cosa ne pensa della politica europea circa i flussi migratori, che rischia di diventare più severa.

"Mi fa male quando vedo che gli europei cercano di respingere i migranti verso i loro paesi dove non si sentono sicuri, dove non hanno una vita. La storia dimostra che tutti gli esseri umani emigrano, non ci sono confini esatti, siamo in perenne transizione nel mondo. Ed è dimostrato che sono solo i giochi politici a creare resistente per i rifugiati, ma in qualche modo arriveranno".

Questa settimana la Germania ha deportato 69 cittadini afghani, le cui richieste di asilo sono state respinte. Sono stati rimpatriati nel loro paese d'origine, confermano i funzionari tedeschi e afghani. Avendo studiato scienze politiche, sociologia ed economia, Ajmal afferma che è necessaria una proposta alternativa, basata sull'integrazione e il l'accompagnamento dei rifugiati.

Ajmal Maarij durante la sua attività presso la Croce Rossa

"È bene creare un percorso adeguato per loro, integrarli nel proprio stato, non importa in quale stato europeo arriveranno. Dovrebbero avere un rappresentante della comunità dei rifugiati e questi rappresentanti dovrebbero essere ascoltati dai media, partecipare a seminari e alle conferenze, per far sentire la loro voce e controbattere alle politiche discriminatorie verso i rifugiati. Questo aiuterà anche i profughi ad avere un punto di riferimento, a seguire le loro orme e a chiedere indicazioni".

Journalist • Elena Cavallone

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