Dentro la strategia terroristica dell'Isil

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Di Michela Monte
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La strategia terroristica dell'organizzazione Stato islamico si è da subito basata sul ricorso a jhadisti localizzati fuori dal territorio del califfato.

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Nel giugno 2014 Abu Bakr al-Baghdadi ha unilateralmente proclamato la nascita di un califfato tra la Siria nord-orientale e l’Iraq occidentale.

La strategia terroristica dello Stato islamico si è da subito basata sul ricorso a jhadisti localizzati fuori dal territorio del califfato.

In una inchiesta del New York Times, la giornalista Rukmini Callimach ha potuto chiarire molti punti finora oscuri di questa strategia, chiamata “Emni” in arabo, e basata sulla selezione e formazione di combattenti stranieri. Rivelazioni rese possibili dalla testimonianza di Harry Sarfo, un terrorista pentito tedesco, detenuto nella prigione di Brema.

A proposito della Francia, Sarfo racconta qualche conversazione riportata da conoscenti:

“I miei amici gli hanno chiesto della Francia – dice – e loro hanno cominciato a ridere. Ma molto, fino alle lacrime. Dissero, “Non preoccuparti della Francia”.

Sarfo ha aggiunto:

“Per gli Stati Uniti vengono utilizzate tecniche differenti, perché l’ingresso e l’uscita dal territorio è più difficile. La selezione dei terroristi negli Stati Uniti e in Canada passa attraverso i social media”.

“La radicalizzazione avviene in maniera più facile. Se non hanno precedenti possono poi andare a comprarsi un’arma così non abbiamo bisogno che un nostro uomo che se ne occupi.

Esiste inoltre una tecnica utile a nascondere i segni visibili della radicalizzazione, Harry Sarfo racconta:

“Quando tornano in Francia o in Germania, possono dire: “Sono stato solo in vacanza in Turchia”. Più restano nello Stato Islamico, più i servizi segreti occidentali diventano sospettosi, ecco perche hanno velocizzati i tempi delle formazioni”.

Abou Mohammed Al-Adnani, siriano, è il portavoce dell’organizzazione Stato Islamico è indicato come una figura chiave nella selezione dei fedeli, ha il ruolo di coordinatore degli attacchi condotti all’estero.

Gli attacchi si ripetono in Europa e nel resto del mondo. A San Bernardino a dicembre 2015 sono morte 14 persone. A Orlando nel 2016 le vittime sono 49.
In Turchia si contano 3 attentati nel 2016, almeno 66 i morti. I Tunisia sono state 60 le vittime di due attacchi nel 2015.

Secondo l’ex ambasciatore dell’Unione europea in Turchia
Marc Pierini è necessario rinforzare la cooperazione con Ankara in materia di scambio di informazioni.

“Si tratta di cooperazione nella lotta al terrorismo, quindi si tratta di procedure giudiziarie, di polizia, si scambio di liste … La maggioranza dei giovani che vanno in Siria, provengono dai quartieri poveri, non sono istruiti, son disoccupati, con un indottrinamento religioso vago, molto vago”.

Di fronte alla minaccia terroristica l’Europa sembra ancora alla ricerca di risposte. Finora ha privilegiato l’inasprimento dei controlli sui social media e sui gruppi di estremisti che utlizzano le moschee come punto di contatto.

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