Un governo in carica esautorato, un leader d’opposizione che ha contro metà partito.
Un governo in carica esautorato, un leader d’opposizione che ha contro metà partito. Oggi il caos gettato dal referendum per la Brexit sull’intera scena politica del Regno Unito si concentra su Jeremy Corbyn. Il leader laburista affronta una delicata riunione di partito che potrebbe votare una mozione di sfiducia, questo pomeriggio.
Da domenica, 19 membri del suo governo ombra hanno abbandonato la nave. Corbyn ha finora scartato l’ipotesi dimissioni, ma ha ormai come solo appoggio quello del fedelissimo John McDonnell, Cancelliere dello Scacchiere del governo ombra laburista.
Sono paradossalmente più chiare le cose per il futuro del Premier conservatore David Cameron, responsabile di aver voluto il referendum nella certezza di rafforzare la sua leadership con la vittoria dei “Remain” e schiantatosi invece contro il muro degli euroscettici.
Le sue dimissioni saranno effettive dal 2 settembre e si è aperta ieri la fase di consultazioni che da qui ad allora porterà prima alla selezione di due candidati e poi al voto da parte di 150.000 membri dei Tories.
Il Ministro della Sanità Jeremy Hunt non sembra potersi imporre ai due pesi massimi della competizione tra conservatori: da un lato la Segretaria di Stato agli Affari Interni Theresa May, contraria alla Brexit ma popolare tra gli euroscettici per le sue posizioni intransigenti sull’immigrazione. E ovviamente uno dei protagonisti della svolta che ha portato il Regno Unito fuori dalla corsia europea, l’ex-sindaco di Londra Boris Johnson.