Brexit: un voto che segnerà il futuro della Ue

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Il referendum britannico sull’Unione europea è di portata storica.

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Il referendum britannico sull’Unione europea è di portata storica.
Qualunque sia l’esito, ci sarà un’Europa del prima e una del dopo referendum.

Il Regno Unito, sotto il governo laburista di Harold Wilson, diceva sì alla famiglia comunitaria nel 1972.

Evento che non mise fine al dibattito sulla convenienza di partecipare o meno all’allora Comunità economica europea: la difesa della sovranità britannica e la nostalgia del suo insularismo sono arrivati fino a oggi alimentando un forte euroscetticismo.

Sfociato nel referendum del 23 giugno. A indirlo, paradossalmente, l’attuale premier David Cameron, che ha promesso la consultazione per arrestare l’avanzata del partito populista e anti-europeo Ukip di Nigel Farage. Premier che oggi fa campagna per restare nel’Unione europea.

Nel frattempo, Cameron ha negoziato con Bruxelles nuove condizioni -tra cui norme che potrebbero limitare l’immigrazione – per restare nell’Unione, nel caso in cui l’esito confermi Londra come stato membro del club dei 28.

Nel 1975 in un precedente referendum i britannici dissero si al Mercato comune europeo, allora prevalsero le ragioni di convenienza economica.

Per capire quale scenario attende l’Europa in caso di Brexit abbiamo intervistato Jean Quatremer, corrispondente a Bruxelles di Liberation.

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Con o senza Brexit, il referendum britannico non è un’occasione per l’Unione europea di reinventarsi?

Jean Quatremer
Credo che se i britannici decidano di restare avremo dei problemi. Proveranno a far finta che nulla sia successo e chiederanno nuove e continue deroghe a Bruxelles. Ci troveremo davanti a un David Cameron stile imperatore, anche perché sarà il solo leader ad aver vinto un referendum sull’Europa negli ultimi venti anni. E che referendum! E con quale pubblico! Sarà impossibile rifiutargli la benché minima richiesta. Per le altre capitali sarà terribile. Al contrario se vincerà la Brexit, ci troveremo tutti a dover affrontare uno choc e anche di un certo livello, perché perderemo una delle principali economie europee. Si tratta del 25% del Pil comunitario che se ne va, non proprio nulla. Va da sé che saremo obbligati a dover prendere delle contromisure, a rafforzare la zona euro per far fronte a nuove e più pesanti crisi economiche.

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Non teme un effetto domino per l’Europa? Molti Paesi hanno la possibilità di convocare altri referendum, come i Paesi Bassi, la Danimarca, ma anche la Finlandia…

Jean Quatremer
Potrebbe darsi che si dovranno organizzare altri referendum nei prossimi 10 o 20 anni. Perché no? Del resto non si può costruire l’Europa con degli Stati a cui non interessa, i cui cittadini non credono in Bruxelles. Non credo che ci saranno molte vie di uscita. Pensiamo ai Paesi dell’Europa dell’Est, cosi anti europeisti, cosi populisti. A loro dobbiamo ricordare che ogni anno il 4% del loro PIl dipende dal bilancio comunitario. Ed è questo che li spinge a restare, perché uscire dall’Unione significherebbe perdere in crescita-.
Lo stesso vale anche per gli altri Paesi, chi vuole davvero uscire dall’Unione? La cosa cambierà se Marine Le Pen diventerà Presidente della Francia, ma anche in quel caso i francesi sanno qual è il loro posto.

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Come valuta il ruolo di Cameron, che ha deciso di mettere il futuro del suo Paese in pericolo?

Jean Quatremer
Credo che David Cameron resterà alla storia come un vero genio politico. Mi spiego, come qualcuno che per risolvere un problema interno al Partito Conservatore decide di estenderlo a tutta l’Europa. Ma soprattutto come qualcuno che dopo aver detto qualunque cosa negativa sull’Europa fosse possibile immaginare si trova oggi a dire esattamente il contrario. Perché ha capito che se perde rischia di gettare la Gran Bretagna dal precipizio o comunque di relegarla in un certo isolazionismo dal quale uscirà comunque molto indebolita. Il tutto con il rischio di provocare una crisi europea, anzi mondiale, come l’ha dichiarata Barack Obama. Un genio. Churchill si starà rigirando nella tomba.

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Quale sarà lo status futuro del Regno Unito?

Jean Quatremer
Sono sempre più convinto che la Gran Bretagna resterà un Paese terzo senza alcun tipo di accordo. Perché? Perchè tutti gli accordi che si firmano con l’Unione europea implicano dei sacrifici in perdita di sovranità. Ci sono diversi status possibili. Il migliore è lo Spazio Economico europeo, che oggi hanno la Norvegia, il Liechtenstein e l’Islanda. Ma questo significa anche contribuire al bilancio comunitario e accettarne le regole. Si tratta della cosiddetta democrazia per fax. Bruxelles invia via fax a questi Paesi tutti gli aggiornamenti sui regolamenti e le direttive che vanno rispettate. E’ evidente che i britannici saranno contrari. Poi c‘è lo statuto della Svizzera, basato su accordi bilaterali. Anche qui si deve contribuire al bilancio. E si devono anche accettare alcune politiche. Anche quelle che si preferirebbe evitare. Come ad esempio la libera circolazione dei lavoratori. Ed è una di quelle che la Gran Bretagna vuole rifiutare. Poi c‘è il caso di un’unione doganale, come quella con la Turchia. ma anche in questo caso ci saranno problemi.Un’unione doganale si riferisce alla libera circolazione delle merci, ma non dei servizi. E cosa esporterebbero i britannici? Proprio i servizi e quindi neanche questa andrebbe bene.Un accordo di libero scambio, allora. Ma anche qui i britannici dovranno rispettare delle regole. Io non vedo nessun tipo di accordo che potrebbe andare a genio a un personaggio come Boris JohnsonPerchè in ognuno dei casi presentati Londra dovrebbe concedere un po’ della propria sovranità. E quindi dopo un’esplosione di nazionalismo, beh, il loro destino sarà lo Zimbabwe”.

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