Bufera su Cameron dopo l'ammissione sulla società offshore del padre

L’ombra dei Panama Papers rischia di indebolire David Cameron nella sua campagna per il referendum sulla Brexit. Alla sua tardiva ammissione di aver posseduto delle quote nella società offshore del padre, il laburista John Mann replica dalla Commissione per il tesoro, invitandolo alle dimissioni.
Possedevo delle quote ma le ho vendute prima di diventare Primo ministro
Labour's @JohnMannMP calls for @David_Cameron to resign over offshore trust revelations https://t.co/1C2PoOI2jtpic.twitter.com/CBBaiFq1yp
— ITV News (@itvnews) 7 aprile 2016
Resta intanto alta la pressione mediatica, con il quotidiano conservatore Telegraph che parla di “peggiore settimana” per Cameron, da quando è primo ministro.
Panama Papers: David Cameron's worst week as Prime Minister https://t.co/diMuZ5YEUmpic.twitter.com/Olj0ABj9v7
— The Telegraph (@Telegraph) 7 aprile 2016
Dopo quattro giorni di sfuggenti giustificazioni, l’ammissione era arrivata ieri in un’intervista: “Mia moglie e io avevamo 5.000 quote nel Blairmore Investment Trust – ha detto Cameron -, ma le abbiamo vendute nel 2010, prima che diventassi primo ministro. Valevano circa 30.000 sterline e visto l’ammontare dei profitti ricavati, non ho pagato tasse sui redditi da capitale azionario, ma quelle sui dividendi. Ho pagato regolarmente tutte le tasse previste”.
Qui l’intervista integrale di 13 minuti, rilasciata da David Cameron al network britannica Itv.
Da quando il nome della società offshore del padre era spuntato dai Panama Papers, Cameron non aveva di fatto mai mentito. La dichiarazione di non detenere fondi o fiduciarie offshore, rilasciata tre giorni fa, diceva però solo una parte della verità.
Nell’intervista di ieri, Cameron ha inoltre detto di non sapere se l’equivalente di circa 370.000 euro ereditati dal padre, fosse transitato in paradisi fiscali. Nessuna illegalità, insomma, ma un imbarazzo esasperato dal fatto che lo stesso Cameron aveva dichiarato guerra alle frodi fiscali.