Il trattato di Schengen sulla libera circolazione messo a dura prova dalle decisioni di Danimarca e Svezia. In rapida successione, lunedì 4 gennaio
Il trattato di Schengen sulla libera circolazione messo a dura prova dalle decisioni di Danimarca e Svezia.
In rapida successione, lunedì 4 gennaio, Stoccolma ha ripristinato i controlli alla frontiera con la Danimarca e Copenaghen ha fatto lo stesso al confine Sud, con la Germania.
“Credo che siano controlli assurdi e controproducenti” dice Erik Gabrielsson, viaggiatore danese alla frontiera con la Germania. “Abbiamo investito 1 miliardo di corone (equivalente a circa 134 milioni di euro, ndr) in infrastrutture per collegare i nostri Paesi e ora tiriamo su delle nuove barriere”.
All’origine delle misure la volontà della Svezia di diminuire se non interrompere l’afflusso di migranti. In termini relativi, rispetto alla propria popolazione, la Svezia è stato sinora il Paese europeo che ha accolto il maggior numero di migranti.
La Danimarca, corridoio obbligato verso Nord-Est, ha reagito sulla base di un effetto domino quasi inevitabile. Il ponte di Oresund che unisce Copenaghen a Malmö era privo di controlli dagli anni Cinquanta.
“Così si crea una grande incertezza: quanto tempo ci vorrà per andare al lavoro? Per un pendolare è la goccia che fa traboccare il vaso” dice Johan Asell, danese che lavora in Svezia.
In reazione alla crisi migratoria in corso sono ad oggi una decina i Paesi europei che hanno ripristinato diversi livelli di controlli alle frontiere, fino al caso delle barriere costruite da Ungheria e Slovenia. La Germania ha criticato la decisione di Danimarca e Svezia ribadendo che così si mette in pericolo la libera circolazione, un bene prezioso per l’Europa.