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Pride vietato in Ungheria, Roswall (Ue): "Chi vuole, marci con la comunità Lgbtq+"

Il Commissario Jessika Roswall ha parlato con The Europe Conversation.
Il Commissario Jessika Roswall ha parlato con The Europe Conversation. Diritti d'autore  Euronews
Diritti d'autore Euronews
Di Shona Murray & Jesse Dimich-Louvet
Pubblicato il
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In un'intervista a Euronews, la Commissaria Ue per l'Ambiente e la Resilienza Idrica ha espresso solidarietà alla comunità Lgbtq+ in Ungheria dopo il divieto del governo al Pride

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La commissaria europea per l'Ambiente e la resilienza delle acque, Jessika Roswall, ha lanciato un chiaro messaggio di solidarietà alla comunità Lgbtq+ in Ungheria: "Chiunque voglia unirsi alla solidarietà per la comunità Lgbtq+ in Ungheria dovrebbe farlo". Una dichiarazione che arriva in risposta al recente divieto imposto dal governo di Viktor Orbán al Pride, e che ha innescato un’ondata di critiche da parte della maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea.

Roswall ha ribadito il valore fondante della libertà personale come pilastro dell’Unione: "L’Ue è costruita su valori che tutti noi sosteniamo: lo stato di diritto, la libertà delle persone e il diritto di amare chi si vuole. Questi principi sono il cuore dell’Unione".

Pur ammettendo di non voler dire agli altri cosa fare, ha sottolineato che marciare per questi diritti è pienamente coerente con la missione dell’Ue: "Io stessa ho partecipato a molti Pride, anche se solo a Stoccolma".

Una donna regge uno striscione con la scritta “Abbasso il governo fascista” per protesta contro la nuova legge che vieta gli eventi del Pride Lgbtq+ a Budapest, 1 maggio 2025
Una donna regge uno striscione con la scritta “Abbasso il governo fascista” per protesta contro la nuova legge che vieta gli eventi del Pride Lgbtq+ a Budapest, 1 maggio 2025 AP Photo

La posizione della Commissione, tuttavia, è più cauta. Una fonte interna ha riferito a Euronews che è improbabile una partecipazione ufficiale dei commissari europei al Pride di Budapest, temendo che la loro presenza possa essere interpretata dal governo ungherese come una provocazione. "Credo che la presenza di alti funzionari di Bruxelles farebbe il gioco di Orbán", ha affermato la fonte, evocando lo spettro di accuse di interferenze da parte dell’Ungheria.

Il fronte legale e la reazione degli Stati membri

Dal punto di vista giuridico, però, la questione è tutt’altro che chiusa. Secondo molti esperti e diversi governi dell’Unione, la Commissione europea ha l’obbligo di proteggere i diritti fondamentali sanciti dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, che include la tutela delle minoranze, la libertà di espressione e il diritto di riunione pacifica.

In questa direzione si è mossa una coalizione di 17 Stati membri, guidata dai Paesi Bassi, che ha firmato una dichiarazione di ferma condanna contro la decisione ungherese. Il testo esprime "preoccupazione per le implicazioni di queste misure sulla libertà di espressione, il diritto di riunione pacifica e il diritto alla privacy".

Anche il commissario europeo per la Giustizia e lo Stato di diritto, Michael McGrath, è intervenuto sul tema, definendo "fondamentale" il diritto di manifestare pubblicamente. Ha inoltre respinto l’argomento portato avanti dal Parlamento ungherese secondo cui le parate del Pride rappresenterebbero una minaccia per i minori.

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán a Tirana, 16 maggio 2025
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán a Tirana, 16 maggio 2025 AP Photo

Nonostante il divieto, la parata del Pride di Budapest è attualmente confermata per il prossimo 28 giugno, in aperta sfida alla normativa imposta da Orbán. Mentre diversi eurodeputati hanno già annunciato la propria intenzione di partecipare all’evento, nessun commissario europeo ha finora confermato la propria presenza ufficiale.

Roswall, dal canto suo, pur non dichiarando se sarà presente, ha lasciato intendere il proprio appoggio morale e politico: «Non dico alle persone cosa fare, ma questo è ciò in cui credo davvero. E questo è anche il cuore dell’Unione Europea».

Un cuore, quello europeo, sempre più chiamato a scegliere tra la neutralità diplomatica e la difesa attiva dei diritti civili.

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