Il ritorno di Schengen. Il Covid non si batte con i doganieri

Il ritorno di Schengen. Il  Covid non si batte con i doganieri
Diritti d'autore  EC Ylva Johansson
Di Maria Psara  & Sergio Cantone

Il ritorno di Schengen. Il Covid non si batte con i doganieri

Ormai è chiaro, il Covid è un vero e proprio stress test per il mercato interno. La base del suo funzionamento, la libera circolazione di persone e merci, è infatti fortemente ostacolata dalle barriere sanitarie e dai confinaenti di interi stati. Bruxelles cerca di persuadere i governi a mantenere le frontiere aperte per limitare il disastro economico a venire.

Ylva Johansson, commissaria europea agli affari interni ha dichiarato a Euronews:

“Capisco che gli stati membri abbiano dovuto agire d’urgenza, nel tentativo di limitare o evitare i contatti tra le persone. Ma il virus è già in tutti gli stati membri, quindi è inutile pensare di fermarlo chiudendo le frontiere alla persone. Quello che invece dobbiamo fare è limitare le occasioni di incontro tra le persone, limitandone gli spostamenti".

I controlli delle frontiere interne dell’Unione europea dipendono dalle autorità nazionali. E possono essere ristabiliti unilaterlamente, previa notifica alla Commissione europea. Ma appare donchisciottesco pensare di contrastare l’epidemia coi doganieri. Anzi, i ventisette cominciano a rendersi conto che per combattere il Covid-19 ci vuole più cooperazione:

"Notiamo che gli stati membri chiedono un ruolo maggiore da parte della Commissione europea, rispetto a quello svolto normalmente. Chiedono coordinazione, accolgono le linee guida, e lavorano tra di loro, e con l'esucutivo di Bruxelles, provando a superare gli ostacoli e i problemi per trovare soluzioni meno traumatiche. Malgrado ci siano ancora dei problemi da risolvere, vedo che c’è buona volontà” aggiunge la titolare del portafoglio comunitario per gli affari interni.

Il Covid è un banco di prova per l’Unione europea. O sarà l’occasione del suo rinascimento o del crollo completo.

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