Germania, un po' meno terra d'accoglienza per i migranti

Germania, un po' meno terra d'accoglienza per i migranti
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Di Hans von der Brelie
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Viaggio in Baviera, regione di confine che sta influenzando pesantemente la politica migratoria di Berlino. Con un occhio alle elezioni regionali di ottobre.

Nel 2015 Austria e Ungheria hanno visto arrivare sul loro territorio migliaia di migranti, ma solo di passaggio. La loro destinazione finale era la Germania, paese di elezione, all'epoca, per la sua politica di apertura nei confronti dei profughi. Una realtà molto cambiata tre anni dopo.

La Baviera è la regione tedesca che confina con l'Austria. A Pfenningbach, villaggio nei pressi della frontiera, vivono circa 300 persone. Molti di loro hanno firmato una petizione contro un progetto di conversione di un edificio disabitato in una struttura destinata a ospitare un centinaio di richiedenti asilo.

Christian Erntl è uno dei leader del movimento di protesta. Per spiegarci perché i tedeschi hanno meno voglia di accogliere i migranti oggi, Christian ci porta nel bosco dietro casa sua. Ci parla di mancanza di solidarietà da parte dell'Europa. di regole violate e di politici accusati di aver perso il controllo della situazione: "Qui - dice indicando il posto in cui ci troviamo -abbiamo trovato molti abiti e zaini. Abiti e zaini sparsi lungo tutto il sentiero che sale verso i boschi. Hanno distrutto documenti e vestiti per evitare di essere rimandati in Grecia o in Ungheria, i primi paesi in cui sono stati registrati. Vogliono ottenere una 'prima' registrazione in Germania per poter restare qui".

Christian ha le idee chiare sulla questione: "Dovrebbero esserci controlli alle frontiere. Io la penso così. Bisognerebbe verificare chi ha il diritto a ricevere l'asilo, chi ha bisogno e chi no. Chi lascia il paese d'origine solo per ragioni economiche, e viene in Germania solo per fare soldi, dovrebbe essere rimandato indietro. E questo andrebbe fatto al confine".

I "centri di ancoraggio": dove i migranti aspettano

Andiamo a Ingolstadt, ricco centro bavarese che si fa un vanto di essere la città con il più basso tasso di disoccupazione della Germania.

In periferia, nel bel mezzo di un quartiere a luci rosse, troviamo dei container dove sono stati piazzati diversi richiedenti asilo provenienti dai Balcani occidentali. Il governo vorrebbe rimandarli indietro. Un gruppo di attivisti monitora la situazione nel campo.

Negli ultimi tempi Berlino ha dovuto cedere alle pressioni del governo bavarese.

In Germania le leggi riguardanti i richiedenti asilo diventano più rigide, le espulsioni più frequenti. Una situazione che ha innescato movimenti migratori secondari: sono sempre di più le persone che lasciano la Germania per dirigersi verso altri paesi europei. Come Dragan, un serbo nato in Croazia quando era ancora Iugoslavia: "Quando ci è stata rifiutata la richiesta d'asilo per la seconda volta, mia moglie si è spaventata, e alla fine ha deciso di andarsene. Ha preso i bambini ed è partita verso i Paesi Bassi. È difficile sapere dove andare, è difficile sapere che cosa fare... Mia moglie vuole solo proteggere i bambini".

Il governo bavarese ha creato i cosiddetti "centri d'ancoraggio", enormi strutture abitative dove i richiedenti asilo devono rimanere fino al momento in cui viene presa una decisione sulla loro richiesta. In caso di rifiuto, molti si rivolgono a un tribunale amministrativo, prolungando così la durata del procedimento. Un'ulteriore fase in cui devono rimanere in questi centri per 18 mesi al massimo - in teoria. I militanti si dicono contrari a questo sistema. I migranti - dice Lisa del progetto Infobus, "Cercano di andarsene da qui. Ci chiedono quali siano le procedure. Non vogliono restare in questo campo per periodi così lunghi. Sappiamo che ci sono persone che vivono qui da due anni e mezzo. C'è stato un grosso scandalo di recente, circa un mese fa: l'amministrazione ha cominciato a distribuire meno denaro. I residenti non capivano perché e ci hanno chiesto che cosa stesse succedendo. Il governo bavarese vuole cambiare tutto il sistema, fornendo direttamente beni e servizi per smettere di consegnare soldi".

Il governo bavarese sostiene che nei campi le domande d'asilo vengono analizzate rapidamente, tutti i servizi e i funzionari sono sul posto e questi "centri di ancoraggio" dovrebbero rappresentare un modello per l'intera Europa. Non la pensano così gli attivisti. Secondo Moritz, "Qui vengono violati i diritti umani di base. Le persone non sono trattate bene. I campi producono più problemi rispetto agli alloggi decentralizzati. I residenti sono sotto stress, e questo genera conflitti. Nascono litigi perché così tante persone vengono ammassate in uno spazio limitato". E, aggiunge Konstantin, "Qui si vive nel timore costante dell'espulsione. Ogni settimana arrivano auto della polizia a prendere gente. Avviene di notte e tutti possono sentirlo. Verso le 4 o le 5 si sentono questi rumori. E poi le porte non hanno serrature, non ci si può chiudere a chiave nemmeno in bagno. Non c'è sicurezza, si è permanentemente sotto minaccia".

INSIDERS | Migrants less welcome in Germany - Part 1

Una nuova polizia di frontiera per la Baviera

Andiamo a Passavia, città al confine con l'Austria e non lontana dalla frontiera ceca.

Joachim Herrmann, il ministro dell'interno bavarese, è uno dei cervelli che hanno concepito le regole in vigore per i richiedenti asilo, insieme a Markus Söder, capo del governo regionale. I conservatori al potere, con gli occhi puntati sulle elezioni regionali di ottobre, hanno sbloccato 14 milioni di euro per la nuova polizia di frontiera bavarese.

"Le domande d'asilo - spiega Hermanna ai nostri microfoni - vanno presentate nel primo luogo d'ingresso nell'Unione europea. Nessuno ha il diritto di scegliere a piacimento il paese in cui farsi accogliere. E soprattutto nessuno ha il diritto di presentare una seconda, terza o quarta richiesta d'asilo in diversi paesi europei. La domanda va presentata nel primo paese d'arrivo, ed è lì che sarà presa la decisione. È per questo che pensiamo sia meglio rimandare queste persone nel paese dove hanno presentato la prima richiesta d'asilo".

Due tedeschi su tre appoggiano l'idea di rifiutare l'ingresso nel paese a chi non possa o non voglia mostrare un documento d'identità. E Söder, cavalcando l'onda, sostiene che la libera circolazione delle persone in Europa può funzionare solo se le frontiere esterne sono protette: "Signore e signori, se il vostro giardino è ben recintato, se il recinto è solido, allora ogni tanto potete lasciare aperta la porta di casa. Ma io non ho mai incontrato nessuno che non avesse una recinzione o un sistema antifurto e lasciasse la porta di casa aperta tutta notte. Se questo continente europeo non sarà in grado di garantire protezione, tutto il resto crollerà. E forse perfino la stabilità della nostra democrazia è a rischio in una certa misura".

Alla frontiera ci mostrano il nuovo equipaggiamento: "Questo è lo scanner che permette di verificare attraverso diversi database se un documento è stato falsificato. Se non c'è un passaporto prendiamo le impronte digitali. Possiamo così verificare se questa persona è già stata in Germania, se è ricercata, e soprattutto - questo è molto importante per noi - abbiamo accesso a Eurodac, un database europeo che ci permette di controllare se la persona sia già stata registrata in un altro paese e sapere quindi se possa essere rimandata indietro".

INSIDERS | Migrants less welcome in Germany - Part 2

Il confine fra Germania e Austria sono circa 800 chilometri e 90 valichi di frontiera, tre dei quali sono controllati di frequente. Con il lancio della polizia di frontiera bavarese, i controlli sono moltiplicati, non solo al confine ma in una zona cuscinetto larga 30 chilometri.

La Germania moltiplica le espulsioni

Ci trasferiamo ora a Monaco di Baviera, città capoluogo della regione.

La Germania ha ripreso le espulsioni in Afghanistan su vasta scala. Un recente sondaggio mostra che l'86 per cento dei tedeschi è favorevole all'espulsione dei migranti cui sia stata respinta la domanda d'asilo. In minoranza i manifestanti di sinistra che incontriamo in stazione, e che si oppongono a quello che chiamano "uno spostamento verso la destra radicale" da parte dei partiti tradizionali bavaresi e tedeschi.

"La situazione in Afghanistan è peggiorata - spiega Stephan Dünnwald del Consiglio bavarese per i profughi -. Ma il governo tedesco dice di disporre di una nuova valutazione sulla sicurezza, e di poter quindi riprendere le espulsioni. Questo significa che tutti i giovani uomini single cui è stata rifiutata la domanda d'asilo sono espulsi. Sta accadendo ora".

Il Consiglio bavarese per i profughi, una rete non governativa di sostegno ai migranti, si batte contro le espulsioni e l'irrigidimento nelle procedure di richiesta d'asilo. Sul treno per l'aeroporto, dove hanno previsto una manifestazione, chiediamo a Jana Weidhaase, una militante, perché critichino i "centri d'ancoraggio". "Il problema è l'isolamento - risponde -. È più difficile farsi consigliare. Le procedure d'asilo sono accelerate e quindi non è possibile fornire nel dettaglio le ragioni per la richiesta d'asilo".

Mentre i manifestanti dispiegano gli striscioni al check-in, 69 persone vengono scortate verso l'aereo per Kabul. Insopportabile per uno degli espulsi che, giunto a destinazione, metterà fine alla propria vita.

Alcuni passanti si fermano ad ascoltare. Come una coppia in partenza per Londra. Shala e suo marito sono originari dell'Afghanistan ma vivono in Baviera da decenni. "Anch'io sono contro le espulsioni - dice Shala -. La situazione in Afghanistan è davvero pessima. Lo vediamo ogni giorno: ci sono attacchi, attentati suicidi... ogni giorno vengono uccise delle persone".

Amiri Sahdat, un richiedente asilo, teme che presto toccherà a lui. In Germania vorrebbe studiare per lavorare poi come assistente in uno studio dentistico. Gli chiediamo perché se ne sia andato dall'Afghanistan. "I Taliban - dice - mi hanno chiesto diverse volte di lavorare per loro. Io ho rifiutato perché, come afgano, non posso accettare quel che dicono e quel che fanno. Uccidono qualcuno ogni settimana, ogni giorno, in Afghanistan... Io non voglio fare il jihad, è sbagliato".

Per Stephan "La Baviera cerca di andare nella stessa direzione presa da Viktor Orban in Ungheria, applicando politiche simili in Germania. La Baviera si è sempre mostrata intransigente. Con la prospettiva delle elezioni regionali, la tendenza si aggrava. È un flagello che colpisce i più deboli della società, i profughi".

L'alternativa all'espulsione? "Il suicidio"

Ratisbona, estremo oriente bavarese. "Non si entra", è la risposta che ottengono di solito le troupe alla richiesta di filmare uno di questi famosi "centro d'ancoraggio". Ma oggi c'è una possibilità.

Il ministro dell'interno bavarese esprime la linea del governo per quanto riguarda gli alloggi per i profughi: "Dobbiamo implementare meglio le nostre decisioni. Chi non ha il diritto di rimanere deve lasciare il nostro paese. È in gioco la credibilità dello stato di diritto".

Mentre ci viene mostrato un locale per bambini, il ministro incontra gli amministratori del campo in un altro edificio. La stampa non ha accesso all'incontro. Intanto circola la voce che ci siano tensioni. Riceviamo un video che lo conferma: un gruppo di cittadini etiopi ha bloccato il convoglio del ministro, che viene fatto evacuare da un'uscita secondaria.

Più tardi incontriamo tre dei manifestanti in un appartamento privato. Le loro richieste includono cibo di miglior qualità e assistenza sanitaria, permessi di lavoro e la possibilità di accedere a corsi di tedesco. E vogliono andarsene dal campo. Perché, dice uno di loro, "Il cento per cento delle richieste d'asilo da parte di etiopi viene respinto, viviamo in campi di deportazione".

Campi dove i migranti, spiega la sua connazionale, "Non riescono a dormire la notte, la maggior parte delle persone teme l'espulsione non solo verso altri paesi europei, ma anche verso i loro paesi d'origine, come noi in Etiopia. Per cui non riescono a dormire... stanno impazzendo".

Anche un giovane forte e istruito come quello che ci parla ha paura, "Perché negli ultimi 27 anni migliaia di politici, attivisti, studenti sono stati uccisi nelle strade in Etiopia. Centinaia di migliaia di persone sono state arrestate e detenute in condizioni violente. Io sono una delle vittime".

Anche la donna lo è: "Mio fratello è stato ucciso dal governo... Mi hanno dato la caccia, hanno cercato di accoltellarmi, hanno cercato di violentarmi".

La richiesta di entrambi è stata respinta, e hanno fatto appello. Ma che cosa accadrà se anche il verdetto del tribunale sarà negativo? Per la nostra interlocutrice non ci sono alternative: "Forse, se mi costringeranno con la forza a ritornare nel mio paese, deciderò di uccidermi. È la decisione estrema, perché so che cosa mi aspetta: la morte. Se ritorno nel mio paese, mi aspetta la morte". Le fa eco il suo compagno: "Piuttosto che tornare nel mio paese, preferisco suicidarmi".

INSIDERS | Migrants less welcome in Germany - Part 3
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