In Mauritania e in tutta l’Africa nord-occidentale il pesce è essenziale. Rappresenta cibo e lavoro per innumerevoli persone. Ma questa risorsa naturale è in pericolo. Cosa bisogna fare per proteggerla e quale contributo può dare l’Europa?
Nel vivace porto artigianale di Nouadhibou, in Mauritania, migliaia di piccole imbarcazioni da pesca, le piroghe, si preparano a tornare in mare dopo due mesi di divieto parziale di pesca. Si prevede un buon pescato di polpi e di altre specie autoctone, che rappresentano una fonte preziosa di reddito e sostentamento per le comunità costiere.
La Mauritania si affaccia su una delle zone più pescose al mondo. Le acque dell’Atlantico orientale che bagnano la sua costa attirano non solo imbarcazioni artigianali, ma anche flotte internazionali, contribuendo in modo significativo all’economia nazionale. Eppure, scienziati e gruppi ambientalisti avvertono che molte specie ittiche vengono pescate oltre i limiti sostenibili, con alcuni stock in allarmante declino.
I pescatori di Nouadhibou sono sempre più preoccupati: affermano che i pesci, un tempo abbondanti, sono ora più difficili da trovare, costringendo le piccole imbarcazioni ad avventurarsi più a largo, con un conseguente consumo maggiore di carburante e un aumento dei rischi.
“Abbiamo paura perché nel mare non c’è più niente”, dice Moussa Tew, un pescatore che ha iniziato a pescare a 13 anni e che ora lavora su una piroga assieme ai suoi figli. “Si consuma molto carburante e si guadagna meno”.
La crisi riguarda soprattutto i piccoli pesci pelagici, come le alacce: economiche, nutrienti e fondamentali per milioni di persone che si affidano a loro come fonte primaria di proteine.
“La nostra paura più grande è quella di perdere le nostre risorse, che sono vitali”, afferma Mohamed Fadel Ould Soueile, a capo della FNPA, la federazione che rappresenta i piccoli pescatori. “Se il pesce dovesse finire, per noi sarebbe un enorme disastro”.
Il boom della farina di pesce minaccia gli stock ittici
Il cambiamento climatico è un fattore importante, ma molti sostengono che i pescherecci industriali, spesso di proprietà straniera, rappresentino una minaccia più immediata. Alcune di queste navi riforniscono la fiorente industria mauritana della farina di pesce, trasportando centinaia di tonnellate in un solo giorno.
“Una barca può lasciare il porto alle 8 del mattino e rientrare alle 14 con oltre 500 tonnellate”, afferma Mohamed Fadel. “A spingere questa corsa alla pesca sono le aziende produttrici di farina di pesce, interessate a massimizzare la quantità pescata”.
La farina di pesce, ottenuta essiccando e macinando il pesce fino a ridurlo in polvere per usi come l’alimentazione in acquacoltura e i fertilizzanti, si è trasformata in un settore molto redditizio. Lungo la costa della Mauritania operano decine di stabilimenti che richiedono enormi volumi di pesce. Alcuni gruppi ambientalisti hanno lanciato l’allarme: questo settore sta sottraendo sempre più risorse ittiche ai bisogni alimentari locali, impoverendo riserve già vulnerabili per alimentare allevamenti di pesci e gamberi all’estero.
Alcuni produttori si sono impegnati a seguire pratiche più sostenibili. Il gruppo Mauritania Pelagic, ad esempio, sostiene di concentrarsi sul pesce per il consumo umano, utilizzando solo gli scarti per la farina e l’olio di pesce. Le sue imbarcazioni sono certificate secondo gli standard internazionali e il pescato destinato all’alimentazione viene congelato per garantire la sicurezza alimentare.
Gli investimenti esteri nella farina di pesce possono aiutare il Paese, ma solo con le dovute garanzie. Secondo Sidi Ali Sidi Boubacar del ministero della pesca e dell’economia marittima, in risposta alle preoccupazioni per la pesca eccessiva, la Mauritania ha adottato misure che hanno portato alla riduzione del numero di imbarcazioni industriali da oltre 70 a meno di 15. Alcuni impianti per la produzione di farina di pesce hanno chiuso i battenti, mentre ad altri viene suggerito di installare sistemi di refrigerazione per conservare il pesce a scopo alimentare, e non solo per la produzione di farina e olio di pesce.
Un partenariato europeo
Per trovare un equilibrio tra interessi economici e sostenibilità, la Mauritania ha stretto una partnership con l’Unione europea nell’ambito di un “accordo di partenariato per una pesca sostenibile”. L’UE paga 57 milioni di euro all’anno per consentire alle navi europee di pescare nelle acque della Mauritania, a condizione che vengano prelevati solo gli stock ittici in eccedenza.
“È questo pagamento che permette alle navi europee di pescare nelle acque mauritane”, spiega Joaquin Tasso Vilallonga, ambasciatore dell’UE in Mauritania. “A ciò si aggiunge un supporto settoriale volto a rafforzare le capacità delle istituzioni mauritane nella gestione sostenibile delle risorse ittiche”.
L’accordo prevede un piano di gestione basato su dati scientifici, avviato nel 2022. Esso stabilisce quote, designa zone di divieto di pesca e stabilisce periodi di chiusura per consentire ai pesci di riprodursi. Il documento tratta anche le procedure legate alla farina di pesce e ai processi di congelamento.
I fondi dell’UE sostengono la pesca artigianale e contribuiscono a migliorare le infrastrutture mauritane: dai porti alle navi della guardia costiera, dai laboratori ai parchi naturali e ai mercati ittici.
La posta in gioco è alta. La pesca rappresenta oltre un terzo delle esportazioni della Mauritania e un quarto delle entrate del governo. Il settore offre ben 300.000 posti di lavoro, tra impieghi diretti e indiretti.
Data la migrazione dei pesci lungo la costa dell’Africa occidentale, il successo della Mauritania dipende da una più ampia cooperazione a livello regionale. Gli scienziati suggeriscono una gestione armonizzata a livello transfrontaliero.
I ricercatori dell’IMROP, l’istituto oceanografico della Mauritania, riferiscono che alcuni stock ittici si stanno riprendendo grazie al nuovo piano, anche se altri rimangono gravemente impoveriti. Gli scienziati chiedono una riduzione del 60% della mortalità dei pesci per consentire un pieno recupero. Ciò si traduce in meno barche, stagioni più brevi e un’applicazione più rigorosa delle norme: un compito non facile per una regione in cui la pesca è alla base di cibo e guadagni.
La Mauritania ha poche alternative se non fare affidamento sulle sue risorse marine, ma il futuro delle generazioni future dipende dalla protezione di questo prezioso tesoro.