Come vengono testate le tecnologie che devono funzionare in condizioni estreme nello spazio?

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Di Andrea Bolitho
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Artur Jurkowski del Dipartimento di ingegneria termica e meccanica di KP Labs spiega come l'azienda aerospaziale polacca testa la sua unità di elaborazione dati per garantirne la sopravvivenza nello spazio

Un tempo dipendente dall'estrazione del carbone, la Polonia sud-occidentale ospita oggi un cluster aerospaziale, uno degli oltre 1.500 cluster industriali europei. La società di tecnologia spaziale KP Labs ha appena lanciato il suo primo satellite, una delle tante tecnologie sviluppate nell'ambito del cluster Silesian Aviation.

L'anno scorso KP Labs ha inviato nello spazio il nanosatellite Intuition 1 e un'unità di elaborazione dati, chiamata Leopard, a bordo del Falcon 9 di SpaceX di Elon Musk. Abbiamo parlato con Artur Jurkowski, capo del dipartimento di ingegneria termica e meccanica di KP Labs, di come viene testata l'unità di elaborazione dati per garantirne la sopravvivenza nello spazio.

"Nello spazio l'ambiente è molto diverso, non c'è aria e la rimozione del calore è molto più difficile, per cui dobbiamo riprodurre queste condizioni sulla Terra con questa macchina - dice Jurkowski -. Questa è una camera termovuoto, il che significa che al suo interno possiamo generare un ambiente simile a quello spaziale. Stiamo preparando diversi test importanti per la nostra unità di elaborazione dati: si tratta di accendere e spegnere l'unità, a volte in condizioni di temperatura difficili, ad esempio a -40°C e 65°C, e anche a temperature più alte o più basse". 

"Il secondo test che stiamo eseguendo è il thermo cycling - dice Jurkowski -. Significa che stiamo portando i nostri dispositivi da -40°C a 65°C ad altissima velocità. E poi ripetiamo queste attività più volte, perché nell'orbita terrestre bassa, dove il satellite gira intorno alla Terra, il cambiamento di temperatura è davvero rapido ed è importante rappresentare queste condizioni mutevoli a terra".

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