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Russia, nuovo record per i prezzi della benzina: +28% da inizio anno tra attacchi, export bloccato e allarmi interni

Un ragazzo pesca sulla riva del Golfo di Finlandia a San Pietroburgo, in Russia, domenica 30 marzo 2025, davanti ai serbatoi di stoccaggio del petrolio del porto di San Pietroburgo.
Un ragazzo pesca sulla riva del Golfo di Finlandia a San Pietroburgo, in Russia, domenica 30 marzo 2025, davanti ai serbatoi di stoccaggio del petrolio del porto di San Pietroburgo. Diritti d'autore  AP Photo
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Di Euronews
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Crescono le tensioni sul mercato energetico russo. L’AI-95 tocca nuovi massimi mentre droni ucraini colpiscono le raffinerie e il governo interviene per evitare una crisi interna

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I prezzi della benzina in Russia hanno raggiunto un nuovo massimo storico. Secondo quanto riportato dall’edizione russa di Kommersant, il 4 agosto il prezzo all’ingrosso dell’AI-95 alla Borsa Mercantile di San Pietroburgo (indice per la parte europea della Russia) è salito dell’1,08 per cento, toccando quota 77.001 rubli per tonnellata. Si tratta di un record assoluto, che segna un aumento del 28 per cento da inizio anno.

Dietro il nuovo picco c’è una combinazione di fattori economici, militari e politici: attacchi ucraini con droni contro raffinerie chiave, interruzioni alla produzione, e una stretta decisa da Mosca sull’export per evitare carenze interne in piena stagione agricola.

Le cause: droni, riparazioni e riduzione della produzione

Una fonte industriale citata da Kommersant attribuisce l’improvvisa impennata dei prezzi agli attacchi ucraini del 2 agosto contro alcune raffinerie russe, che avrebbero danneggiato unità di lavorazione primaria per una capacità stimata di circa 40.000 tonnellate al giorno.

Contestualmente, l’Unione russa dei carburanti segnala l’arrivo di un’ondata di riparazioni programmate nelle raffinerie, che rischiano di ridurre ulteriormente la produzione di carburanti proprio nel momento di massimo consumo stagionale.

Stop all’export e controlli governativi

Il 28 luglio il governo russo ha imposto un divieto totale di esportazione della benzina fino alla fine di agosto, estendendo misure già in vigore da marzo per altri prodotti petroliferi. Secondo il decreto governativo, l’obiettivo è "mantenere una situazione stabile sul mercato nazionale durante l’alta domanda stagionale e il lavoro nei campi agricoli".

Nel frattempo, il Servizio federale antimonopolio ha annunciato controlli su oltre 12.000 stazioni di servizio per verificare potenziali violazioni di legge. I media regionali, intanto, continuano a segnalare aumenti dei prezzi alla pompa.

Attacchi alle raffinerie: Ryazan e Novokuibyshevsk ferme

La Reuters ha riferito, citando fonti del settore, che la raffineria di Ryazan (controllata da Rosneft) ha sospeso circa metà della propria capacità in seguito a un attacco di droni. Le unità CDU-3 (8.600 tonnellate/giorno) e CDU-4 (11.400 tonnellate/giorno) sono attualmente fuori uso.

Anche la raffineria di Novokuibyshevsk, sempre di Rosneft e situata nella regione di Samara, ha interrotto le attività dopo attacchi mirati alle infrastrutture militari circostanti.

Il governo rassicura, ma oscura i dati

Nonostante i segnali di crisi, il ministero dell’Energia russo insiste che "il mercato dei prodotti petroliferi mantiene un equilibrio in eccesso" e che le compagnie hanno ridotto volontariamente l’export per rafforzare le forniture interne.

Ma i numeri reali sono sempre più difficili da verificare: dallo scorso anno, la Russia ha classificato come segreti di Stato i dati ufficiali su produzione e consumo di benzina e diesel.

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