Il governo ungherese smentisce ogni responsabilità nell'incendio di una chiesa greco-cattolica in Ucraina. A Tusványos, Fidesz attacca chi solleva dubbi, mentre emergono critiche anche dal palco principale del festival
Il governo ungherese ha negato con fermezza qualsiasi coinvolgimento nell'incendio che ha colpito una chiesa greco-cattolica nel villaggio di Palágykomoróc, nella regione della Transcarpazia ucraina, area abitata da una significativa minoranza ungherese.
Le tensioni si sono accese dopo che l’esperto di Russia András Rácz ha ipotizzato, in un’analisi, la possibilità di un coinvolgimento indiretto dell’esecutivo ungherese, sottolineando la rapidità con cui Budapest è venuta a conoscenza dell'incidente e il fatto che l’autore del rogo sembrerebbe non avere legami locali.
Le affermazioni di Rácz hanno scatenato la reazione dura dei politici di Fidesz, il partito al governo, durante l'annuale raduno politico-culturale di Tusványos, in Romania. Il deputato Lajos Kósa ha attaccato direttamente l’analista: "È una follia. Se András Rácz ha questi pensieri, avrà altri problemi nella vita, quindi dovrebbe andare da uno psicologo o parlare con un amico dei suoi problemi. È un’assurdità."
Durante l’evento, anche il ministro della Difesa Kristóf Szalay-Bobrovniczky è intervenuto sulla vicenda. Alla domanda se vi fossero prove del coinvolgimento ucraino – come suggerito da fonti vicine al governo ungherese – il ministro ha glissato, dichiarando: "Non spetta a me aprire un’indagine in Ucraina. Quel che è certo è che le tensioni lì stanno aumentando, e la coscrizione forzata viene applicata con brutalità. È evidente a tutti."
Kósa, ex vicepresidente del Parlamento, ha rincarato la dose, dichiarando: "Non picchiate la gente a morte mentre fate la leva in nome dello Stato ucraino, non bruciate le chiese, e lasciate che la gente viva. Se l’Ucraina non riesce a garantire questo, allora è uno Stato fallito."
Sanzioni e scenari futuri: il ruolo di Trump
Ai politici presenti è stato anche chiesto un commento sulle dichiarazioni di Donald Trump, che ha minacciato nuove sanzioni contro la Russia. L’esecutivo ungherese ha confermato la sua storica posizione contraria alle sanzioni, ma ha preferito aspettare per vedere le prossime mosse dell’ex presidente americano.
Lajos Kósa ha minimizzato le parole di Trump, definendole "una tattica negoziale", e ha espresso forti dubbi sul futuro del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: "Zelensky è presidente solo finché c’è guerra. Non appena tacciono le armi, ci saranno elezioni e non credo che verrà rieletto. C’è anche da chiedersi dove sarà al sicuro una volta terminato il conflitto."
Anche a Tusványos emergono voci critiche
Tusványos, da anni feudo politico-culturale di Fidesz, non è rimasto immune alle tensioni che attraversano la società ungherese. Giovedì sera, sul palco principale, due tra i gruppi musicali più popolari del Paese hanno espresso posizioni distanti dal governo.
La cantante dei Margaret Island, Viki Lábas, ha sventolato una bandiera arcobaleno durante l’esibizione, mentre Máté Felcser dei Punanny Massif si è presentato con una maglietta del giornale d’opposizione Népszabadság e un simbolo del partito cristiano-democratico Kdnp barrato. Un gesto simbolico ma fortemente politico, mai visto prima nel cuore dell’evento di Fidesz.
In un’estate in cui persino i festival musicali in Ungheria diventano teatri di scontro politico, la tensione resta alta – dentro e fuori i confini nazionali.