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Libano, portavoce Unifil a Euronews: "Periodo più difficile dal 2006 per la missione"

Un residente controlla un appartamento colpito da un attacco aereo israeliano nella periferia meridionale di Beirut, 26 settembre 2024
Un residente controlla un appartamento colpito da un attacco aereo israeliano nella periferia meridionale di Beirut, 26 settembre 2024 Diritti d'autore  Hassan Ammar/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Diritti d'autore Hassan Ammar/Copyright 2024 The AP. All rights reserved
Di Giorgia Orlandi
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Istituita nel 1978, la forza di pace Unifil è composta di oltre diecimila caschi blu provenienti da 50 Paesi. Con l'aumento degli scontri tra Hezbollah e Israele, i peacekeeper lavorano anche a una soluzione per evitare l'escalation

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Era dai tempi della guerra del 2006 che le forze di pace Unifil non vedevano livelli di tensione così alti nel Sud del Libano. Istituita nel 1978, la missione con i suoi oltre diecimila caschi blu provenienti da cinquanta Paesi pattuglia regolarmente la Linea Blu, il confine tracciato dalle Nazioni Unite tra Libano e Israele. Tra i compiti anche l’impegno in attività di mediazione per favorire la de-escalation tra le due parti. 

Dopo i recenti attacchi aerei di Israele contro quelli che vengono chiamati “obiettivi di Hezbollah”, il Paese si trova alle prese con una crisi umanitaria che di giorno in giorno si fa sempre più seria. Sono già oltre 700 le vittime e più di centomila gli sfollati, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). 

Peacekeeper in Libano
Peacekeeper in Libano Hussein Malla/Copyright 2019 The AP. All rights reserved.

In Libano numero di vittime quasi pari ai morti del 2006

"Questo è sicuramente il periodo più difficile che la missione e il Paese hanno vissuto dal 2006, e forse anche prima", ha detto il portavoce di Unifil Andrea Tenenti ai microfoni di Euronews, descrivendo le sfide che la forza di pace sta affrontando, e ha aggiunto: "L'intensità dei bombardamenti in questi giorni, non è stata mai vista negli ultimi 13 mesi. Da ottobre ad adesso gli scontri a fuoco non si sono mai fermati. Gli ultimi 4, 5 giorni hanno visto il numero di morti arrivare quasi allo stesso livello della guerra del 2006". 

“Le nostre attività stanno subendo delle difficoltà in quanto abbiamo 10.500 truppe da cinquanta Paesi, circa 1.100 Italiani e al momento - ha spiegato Tenenti - rimangono prevalentemente nelle cinquanta basi che abbiamo". "È difficile monitorare la situazione, lo facciamo usando i nostri radar, ma la cosa importante sono le attività di mediazione che vengono svolte dal Comandante della missione, che però ha bisogno anche del sostegno della comunità internazionale”, ha poi detto. 

Israele ha annunciato di prepararsi a un’invasione di terra, abbiamo chiesto a Tenenti se c’è preoccupazione per ciò che potrebbe accadere. "È difficile prevedere cosa potrebbe succedere", ha detto il portavoce di Unifil. "Israele ha detto di essere pronto per un'invasione di terra, ma l'altra cosa importante è che noi siamo presenti lì, quindi al momento non stiamo vedendo nessun tipo di movimento. Nel 2006 la missione è rimasta anche durante l'invasione israeliana, quindi non pensiamo necessariamente che questo significhi un ritiro della missione”. 

Unifil: "Implementare la risoluzione 1701"

Alla domanda su quali sono le circostanze che potrebbero determinare un ritiro delle forze di pace, Tenenti ha sottolineato che ciò accadrebbe nel caso in cui non ci fossero più le condizioni per operare, aggiungendo che è una decisione che spetta al Consiglio di Sicurezza non alla missione.

"Ci sono molti fattori in gioco qui, esiste una soluzione e lo diciamo da tempo, ed è l'implementazione della risoluzione 1701 che ha anche contribuito a porre fine alla guerra del 2006 - ha spiegato ancora Tenenti - Ciò significa portare più esercito libanese nel Sud, rendere visibile la Linea Blu attraverso un lavoro di picchettazione delle parti che sono israeliane o libanesi, questo ancora non è successo, i due Paesi non hanno un confine e poi soprattutto, non avere armi dal Leonte alla Linea Blu, con la presenza del solo esercito libanese ". 

La missione Unifil lavora per trovare una soluzione

Mercoledì Hezbollah ha dichiarato di aver preso di mira la sede del Mossad con un missile lanciato verso Tel Aviv, successivamente intercettato. Nel frattempo, gli Stati Uniti e la Francia hanno avanzato una proposta per un cessate il fuoco di 21 giorni. Israele l’ha respinta, dicendo di voler continuare a combattere contro Hezbollah. "Questa proposta è molto importante", ha osservato Tenenti, "dimostra che altri Paesi, oltre a Francia e Stati Uniti, tra cui l'Italia, sono disposti a trovare una soluzione”.  

Molti degli sforzi di mediazione per ridurre le tensioni vengono portati avanti dalle forze di pace Unifil, come ha spiegato Tenenti, aggiungendo che il dialogo è mantenuto sia con l'esercito e le autorità libanesi che con Hezbollah e l'esercito israeliano. "Stiamo ancora cercando di trovare una soluzione attraverso la mediazione, grazie al lavoro del Comandante della missione e al canale di comunicazione con entrambe le parti per cercare di mitigare i rischi, sebbene la situazione sia molto seria".  

Lebanese soldiers cordon off the area at the site of an Israeli airstrike in Beirut's southern suburbs, September 26, 2024
Lebanese soldiers cordon off the area at the site of an Israeli airstrike in Beirut's southern suburbs, September 26, 2024 Hussein Malla/Copyright 2019 The AP. All rights reserved.

Le forze di pace offrono anche aiuti umanitari alla popolazione locale, inclusa assistenza medica e supporto agli ospedali, ha detto Tenenti. La maggior parte dei villaggi del Sud, ha spiegato, è stata abbandonata, con gli sfollati che si stanno spostando verso Beirut o nelle aree settentrionali. "Il Paese non si trova in una situazione economica molto felice da diversi anni, quindi avrà difficoltà a sostenere le molte persone arrivate nel Nord”, ha commentato Tenenti. 

Nel frattempo gli attacchi aerei di Israele sono continuati anche nella giornata di giovedì. Le operazioni militari sono in espansione e non più confinate all’est del Paese o alla zona meridionale. Da oltre dieci mesi tra la popolazione ha regnato l’incertezza, adesso invece a dominare è soprattutto la preoccupazione che una guerra totale possa diventare realtà. 

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