Presente alla cerimonia - al memoriale dedicato agli oltre 100 morti - anche l'ex presidente Petro Poroshenko, considerato uno dei maggiori sostenitori di quella che sarebbe diventata una vera e propria rivoluzione
Fiori e lumini sono stati deposti questa domenica al memoriale in piazza Indipendenza (o Maidan), a Kiev, per commemorare le oltre 100 vittime delle proteste di massa pro europee del 18-20 febbraio 2014. Presente anche Petro Poroshenko, considerato uno dei maggiori sostenitori della rivoluzione, che in quell'anno divenne presidente dopo la destituzione del filorusso, Viktor Janukovyč.
Gli ucraini sono orgogliosi di aver voltato le spalle al Cremlino otto anni fa, nonostante abbiano dovuto pagare un costo elevato, sia a livello di vite umane che psicologico, dovendo convivere quotidianamente con i timori di un'invasione russa.
"Dobbiamo ricordare che hanno dato la loro vita per l'Ucraina e per il nostro futuro europeo - dice un uomo originario di Donetsk, oggi residente a Kiev -. Dobbiamo rispettarli e amarli". "Non c'è nulla che facciamo invano in questo mondo, ma è un peccato non essere ancora riusciti a realizzare nulla", dichiara un altro ucraino.
Le tappe della rivoluzione
I disordini in Ucraina iniziarono nel novembre 2013, dopo la decisione del governo di rifiutare un accordo di associazione con l'Europa, in favore invece di un prestito russo, per provare a uscire dalla crisi finanziaria.
Dopo settimane di manifestazioni e repressione, il 22 febbraio 2014 l'allora presidente Janukovyč fuggì, nascondendosi prima in Crimea e poi nella regione russa di confine del Rostov.
Dopo la caduta del governo Janukovyč la Russia sostenne i ribelli nell'est del Paese e annesse la Crimea. Nel conflitto, che dura dal 2014, sono rimaste uccise oltre 14.000 persone.