Cartellone di alto livello a ''Vocalia'', festival musicale internazionale di Pordenone che quest'anno ha portato sul palco artisti del calibro di Matt Bianco, Alex Britti e Irene Grandi
Annullare la distanza tra l'appeal facile della musica commerciale e le suggestioni nobili di jazz e blues, bossanova e funky.
Un'impresa riuscita negli anni 80 alla leggendaria band britannica dei Matt Bianco, di nuovo sui palcoscenici internazionali: prima tappa alla 14esima edizione del festival di Vocalia, avamposto italiano musicale della Mitteleuropa nel pordenonese, prima dell'esibizione (tre serate dal 30 settembre al 2 ottobre) al Blue Note di Milano con il nuovo album High Anxiety, 'grande ansietà', che sembra po' il manifesto dell'epoca Covid.
Il nuovo album di Matt Bianco
"Ho scritto il pezzo prima del Covid, circa 6 mesi prima, ma quando è cominciata la pandemia è sembrato ancora più appropriato in relazione a quello che sta accadendo - dice Mark Reilly, frontman dei Matt Bianco - Credo, comunque, che la musica sia fantastica per avvicinare le persone, anche per evadere da situazioni negative e creare un buon feeling".
Non hanno perso smalto i Matt Bianco, che nei primi anni Ottanta avevano sbaragliato le classifiche mondiali con pezzi come Half a minute, Whose side are you on? e Sneaking out the back door.
Sul palco del Teatro Verdi di Maniago (Pordenone) hanno arricchito il cartellone di Vocalia per la direzione artistica di Gabriele Giuga: un evento che, nelle precedenti edizioni ha avuto sul palco artisti come Joe Zawinul, Sarah Jane Morris, Noa, Patty Pravo, Nada, Gino Paoli, Antonella Ruggiero e Maria Joao.
Le esibizioni di Britti e Grandi
Quest'anno la rassegna musicale ha proposto artisti come Alex Britti, con la sua energia e il suo virtuosismo blues. In coppia con Flavio Boltro, trombettista jazz “che ha il suo stesso istinto, la sua stessa anima”, accompagnato da una band di eclettici musicisti, Britti è il protagonista di “Progetto Speciale”, viaggio tra i suoi successi più noti ripensati, rivestiti, ricostruiti con una chiave e uno sguardo insolito.
Un racconto in musica anche con interpreti 'che non ti aspetti', come Irene Grandi, che ha lasciato da parte per una volta la sua vena rock per riaffermare il ruolo di blues e jazz, anche grazie ad alcune dirompenti cover come Why can't we live together?, pilastro blues degli anni '70 e la pietra miliare di I’ve been loving you too long di Otis Reding.