Myanmar: i militari sparano sui manifestanti, numerosi morti e feriti

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Colpi d'arma da fuoco sui manifestanti a Yangon, Mandalay, Dawei ed altre città. Numerosi morti e feriti. Ritirato intanto l'incarico all'ambasciatore birmano all'ONU, che aveva denunciato la giunta

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È la giornata più sanguinosa da quando i militari hanno ripreso il potere nel Myanmar: da quel primo febbraio si susseguono le manifestazioni, represse con severità crescente. Si erano verificate finora vittime isolate tra i manifestanti, tre in un mese, ma in queste ore diverse testimonianze, corroborate da foto e video, denunciano spari indiscriminati sulla folla.

Polizia ed esercito hanno anche effettuato arresti di massa tra i manifestanti, soprattutto a Yangon, la città più popolosa, dopo il vano tentativo di disperdere la folla con cannoni ad acqua e lacrimogeni.

Nel tardo pomeriggio, quando in Europa centrale era più o meno mezzogiorno, si parlava già di sei morti, tre dei quali nella sola Dawei, una città di poco meno di 150.000 abitanti, nel Sud del Paese.

A questi si aggiungono decine di feriti, alcuni dei quali in condizioni gravi.

La giunta militare intanto ha ritirato l'incarico al suo ambasciatore alle Nazioni Unite, che poche ore prima aveva, in un accorato appello, chiesto la fine della stessa giunta.

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