Caporalato digitale: Uber Italy commissariata

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Uber Eats Diritti d'autore Lynne Sladky/Copyright 2019 The Associated Press. All rights reserved.
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Di Stefania De Michele
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Rider sfruttati, minacciati, vessati: il Tribunale di Milano dispone il commissariamento della piattaforma di delivery

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Lavoro pagato 3 euro all'ora, mance sottratte per punizione, minacce di licenziamento: una storia non ordinaria di sopraffazione e sfruttamento quella rilevata e cassata dal Tribunale di Milano, che ha disposto il commissariamento di Uber Italy.
Si tratta di un provvedimento inedito, mai adottato prima - non solo in Italia - nei confronti di una piattaforma di delivery.
Filiale italiana del gruppo americano che, secondo i giudici, avrebbe "consapevolmente" sfruttato i rider, i fattorini che fanno le consegne di cibo a domicilio, in diverse citta' italiane, da Milano a Monza, da Torino a Bologna, da Roma a Firenze e non solo, Uber Italy è al centro di una vicenda dai contorni foschi. 

Pagamenti da fame, minacce e intimidazioni: Uber Italy commissariata

Al centro delle indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano e coordinate dall'aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari, c'è il servizio Uber Eats, gestito dalla società italiana che fa capo a una holding olandese del gruppo Uber. Nel mirino anche due società milanesi, la Frc e la Flash Road City, per le quali formalmente i rider lavoravano.
Secondo la Sezione misure di prevenzione (presieduta da Fabio Roia) che ha disposto  amministrazione giudiziaria, Uber Italy era "pienamente consapevole della situazione di sfruttamento dei lavoratori".
Nelle chat al vaglio del Tribunale enunciati violenti e carichi di arroganza. Scrive l'Ansa: "Quelli che bivaccano, che puzzano, che fanno cazz..., fuori dai cogl....all'istante". Sono anche queste parole, riportate in una conversazione di uno degli indagati, a dare l'idea di quel "regime di vessazione" a cui i rider sottostavano per la necessità di non perdere il lavoro. 

La difesa della piattaforma di delivery

In una nota, Uber Eats ha spiegato di aver "messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali. Condanniamo - ha aggiunto la società - ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia". Negli atti si leggono le dichiarazioni dei fattorini reclutati, come scrivono i giudici, anche in un "seminterrato". La scelta ricadeva su soggetti maggiormente esposti al ricatto perché vulnerabili:  soprattutto migranti provenienti da contesti di guerra, richiedenti asilo e persone ospitate in centri di accoglienza temporanei e in stato di bisogno. 

Cosa raccontano i fattorini

"La mia paga era sempre di 3 euro a consegna, indipendentemente dal giorno e dall'ora", ha messo a verbale uno di loro. E questo accadeva anche se l'importo che vedevano sulla loro app era maggiore. "Cottimo puro", scrive il Tribunale. In caso di mancato 'rispetto delle regole' (c'e' un decalogo agli atti) , scattavano le punizioni dei confronti dei rider ribelli.
"Insistevo per avere subito il denaro - ha raccontato un lavoratore - e da quel momento sono stato bloccato". Blocchi degli account, il cosiddetto "malus", ossia una cifra da sottrarre alla paga, e la sottrazione delle mance. Erano queste le punizioni a cui si associavano le intimidazioni ai fattorini: "Ho solo minacciato di venirti a rompere la testa e lo ribadisco (...) ti vengo a prendere a sberle, ti rompo il....".
E un lavoratore diceva: "Non ricordo di aver firmato nessun contratto". Ai titolari delle società intermediarie, tra l'altro, è stato sequestrato oltre mezzo milione di euro in contanti.  In un quadro di violazione di tutte le norme sul lavoro, la situazione si è addirittura aggravata con "l'emergenza sanitaria a seguito della quale l'utilizzo dei fattorini è progressivamente aumentato a causa della richiesta determinata dai restringimenti alla libertà di circolazione".

"Il commissariamento di Uber Italy, deciso dal Tribunale di Milano è una notizia che per la sua gravità ci lascia attoniti. Siamo in presenza di un caporalato digitale, non solo quindi nelle campagne, che cancella i diritti e lede la dignità dei lavoratori", sono state le parole dei segretari nazionali della Cgil, Tania Scacchetti e Giuseppe Massafra.

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