Addio ad Ezio Bosso, sfidò i pregiudizi e commosse il mondo

"Per favore non chiedetemi più di suonare, due dita non rispondono". Così il maestro Ezio Bosso lo scorso autunno aveva gelato tutti; stretto nella morsa della sua malattia neurodegenerativa che lo aveva ridotto su una sedia a rotelle e gli ostacolava anche la parola è morto oggi all’età di 48 anni dopo anni passati alla tastiera sotto i riflettori, diventato un simbolo di forza, passione, coraggio.
Dicevano “un figlio di operaio non può diventare direttore d’orchestra” e lui invece lo diventò. Gli facevano sentire che la malattia sarebbe sempre stata un ostacolo al successo e invece in tv diventò ospite frequente riscuotendo un grande successo, riuscendo a parlare a ogni tipo di pubblico. Ha raccontato tutto, tutti gli ostacoli messi sulla sua strada dai pregiudizi nell’ambiente della musica classica.
Autoironico, diretto, odiava essere definito un personaggio e il pietismo; amava la vita nonostante tutto spinto da vivacità e curiosità intellettuali; è stato anche un compositore e fondatore di un’orchestra. Grande divulgatore, cercava di spiegare che Beethoven e Cajkovskij possono aiutare a stare meglio. Amava anche il rock, considerava i generi relativi.
In Francia l'esordio da solista
Quando aveva 16 anni si iniziò ad esibire in Francia da solista, poi studiò composizione e direzione d'Orchestra all'Accademia di Vienna; negli anni 90 ha calcato da solista o in formazione da camera, i teatri di mezzo mondo, compresi il Carnegie Hall di New York e l' Opera House di Sidney. Ha diretto anche la London Symphony.
Oltre a sinfonie ha composto anche colonne sonore, importante la collaborazione con il regista Gabriele Salvatores per cui ha composto le musiche dei film 'Il ragazzo invisibile', 'Quo vadis baby' e 'Io non ho paura'.
Era nato a Torino, è morto nella sua casa di Bologna. La sua salute era peggiorata nel 2011, l'avanzamento progressivo della degenerazione dei motoneuroni lo ha portato alla semi-paralisi e infine alla morte.