Al Consiglio Artico di Rovaniemi, in Finlandia, il segretario di stato americano Mike Pompeo ha espresso preoccupazione per la possibile espansione commerciale cinese attraverso nuove rotte nel circolo polare artico
Il cambiamento climatico e il surriscaldamento globale potrebbero scatenare una vera e propria guerra commerciale tra grandi potenze.
Si è parlato anche di questo a Rovaniemi, in Finlandia, durante il Consiglio Artico che ha visto i leader dei paesi che si affacciano sul circolo polare artico, inclusi Stati Uniti e Russia, discutere, tra le altre cose, delle opportunità economiche che potrebbero derivare dal raggiungimento e dallo sfruttamento delle risorse energetiche della regione. In sintesi le acque del Polo Nord diventerebbero navigabili "grazie" allo scioglimento dei ghiacci e si potrebbero aprire così nuove rotte commerciali.
Euronews ha sentito Jonas Parello Plesner, consulente senior del Consiglio Europeo in tema di rapporti internazionali tra Asia e Europa:
"E' strano che gli Stati Uniti, che ad alti livelli isitituzionali negano ufficialmente il cambiamento climatico, nello stesso tempo guardino con un certo interesse alle possibilità che potranno crearsi dallo scioglimento della calotta artica. Questo significa, per i paesi più piccoli che costituiscono la spina dorsale del Consiglio Artico, che gli Stati Uniti, la Cina e la Russia stanno introducendo nell'area una grande lotta di potere".
Il segretario di stato americano Mike Pompeo si è infatti detto preoccupato che nella regione possa espandersi, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello militare, la Cina.
La Via della Seta Artica
Il governo di Pechino nel 2018 ha già predisposto un piano di sviluppo commerciale che prevede investimenti fino a mille miliardi di dollari per realizzare una sorta di "via della seta polare" attraverso la realizzazione di nuovi canali commerciali via mare grazie allo scioglimento dei ghiacci al Polo Nord.
Secondo alcuni studi il passaggio dall'artico consentirebbe alle navi commerciali cinesi un risparmio di tempo di circa il 30% per raggiungere l'Europa. Il rischio è, però, che i porti del Mediterraneo possano perdere la loro importanza strategica.