Serbia, boicottaggio politico: due parlamenti, uno "usurpatore e uno "democratico"

Serbia, boicottaggio politico: due parlamenti, uno "usurpatore e uno "democratico"
Diritti d'autore REUTERS/Djordje Kojadinovic
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Di Rachael KennedyAnsa
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Vi spieghiamo cosa sta succedendo in Serbia dove da 10 settimane ci sono proteste in strada ogni weekend e dove l'opposizione del Presidente Vučić non si riunisce più in Parlamento ma nella hall di ingresso dell'edificio

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In Serbia i deputati dell'opposizione hanno deciso di boicottare da ieri, 11 febbraio, i lavori del parlamento in segno di solidarietà con le migliaia di manifestanti che ogni fine settimana, da 10 settimane consecutive, scendono in strada a Belgrado e in tante altre città del Paese per protestare contro quella che considerano una 'dittatura' instaurata dal presidente Aleksandar Vučić, con il suo regime 'autoritario'. 

In un comunicato, la 'Alleanza per la Serbia' - il cartello che raggruppa vari partiti e formazioni schierati all'opposizione, anche se molto diversi tra loro, dall'estrema destra all'estrema sinistra - ha fatto sapere di "non voler piu' prendere parte ai lavori di un parlamento di facciata, dando legittimita' a un regime totalitario che non ammette le differenze di opinione e tratta gli oppositori politici come nemici dello stato". 

Sono in molti, nel Paese, a credere che sotto il presidente Vučić e il suo partito Progressista Serbo la Serbia vada nella direzione di un'autocrazia. Diversi sono i report in cui vengono denunciate censure contro le voci critiche e pressione sugli elettori. Freedom House, organizzazione indipendente che monitora il livello di libertà democratiche, settimana scorsa ha retrocesso il Paese alla definizione di "parzialmente libero".

I rappresentanti dei gruppi di opposizione terranno ogni mezz'ora conferenze stampa nella hall d'ingresso al parlamento nelle quali verranno illustrate le loro posizioni sui vari temi in discussione in aula. 

"L'opinione pubblica interna e internazionale deve sapere che in Serbia ci saranno d'ora in poi due parlamenti, uno degli usurpatori, di quelli che usano violenza, e l'altro democratico e libero che si riunisce nella hall", ha detto Bosko Obradovic, leader del movimento di estrema destra 'Dveri'.  

Le proteste di dicembre sono scaturite in reazione all'attacco violento contro il politico di opposizione Borko Stefanovic a Krusevac. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni di Vučić, ma il Presidente ha dichiarato che non li avrebbe accontentati "neanche se fossero stati 5 milioni" per le strade. Da qui il nome delle marce di protesta, #1of5million.

Come ha risposto Vučić?

Il leader serbo ha di recente fatto inversione di rotta, dopo un periodo iniziale in cui si è limitato a respingere al mittente le critiche.

In concreto, ha aperto un account Instagram la scorsa settimana per lanciare la nuova campagna, il "Futuro della Serbia", in cui ha promesso di visitare ciascuno dei 29 distretti del Paese per presentare i suoi piani e prestare ascolto ai problemi dei cittadini. Nel suo primo post, ha mostrato una lavagna con il piano d'azione mentre le successive foto lo ritraggono in tour per la Serbia mentre parla a masse di persone o ai giornalisti. 

Nonostante le proteste per le strade, Vučić rimane il candidato presidenziale più popolare del paese, secondo i recenti sondaggi d'opinione.

Secondo Faktor Plus, come riporta il quotidiano serbo Politika, il partito di Vučić il mese scorso avrebbe ottenuto il 54% dei voti in caso di elezioni anticipate. L'Alleanza per la Serbia, che attualmente è il più grande gruppo di opposizione del paese, si dovrebbe accontentare del 14% delle preferenze.

Si andrà alle urne?

Alcuni esperti ritengono che il lancio della campagna "Il Futuro della Serbia" e i risultati dei sondaggi siano degli indicatori affidabili della possibilità di elezioni anticipate.  

Ma l'Alleanza per la Serbia ritiene che non basterebbe. Il gruppo sostiene che bisognerebbe permettere all'opposizione di condurre dibattiti televisivi e affrontare la questione della diffusione della disinformazione prima che qualsiasi elezione possa considerarsi "libera ed equa".

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