Processo ndrangheta: Iaquinta condannato a due anni di reclusione

Processo ndrangheta: Iaquinta condannato a due anni di reclusione
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Di Euronews
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L'ex calciatore è stato giudicato colpevole di avere ceduto alcuni armi al padre Giuseppe - condannato a 19 anni per associazione mafiosa nell'ambito dello stesso processo - senza denunciarlo in questura

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Vincenzo Iaquinta è stato condannato in primo grado a due anni di reclusione nell'ambito di Aemilia, il più grande processo nel nord Italia contro la ndrangheta. La procura distrettuale antimafia aveva chiesto per l'ex calciatore di Juventus e Udinese una condanna a sei anni per reati legati al possesso di armi, ma nella sentenza è caduta l'aggravante mafiosa.

Il padre dell'ex calciatore, Giuseppe Iaquinta, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato invece a 19 anni. "Vergogna, ridicoli" hanno urlato padre e figlio lasciando l'aula del tribunale di Reggio Emilia mentre era ancora in corso la lettura del dispositivo.

In totale erano più di 140 gli imputati a processo. La sentenza di primo grado è arrivata dopo due settimane di camera di consiglio e a tre anni dall'arresto di 160 persone in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia.

Cessione d'armi non denunciata

Iaquinta è stato condannato per avere ceduto al padre un revolver Smith & Wesson 357 Magnum, una pistola Kalt-tec 7,65 Browning e 126 proiettili. Armi per cui l'ex calciatore aveva un regolare permesso. Però poco prima di trasferirsi dall'Udinese alla Juventus, nell'estate del 2012, Iaquinta aveva passato le armi al padre senza denunciarne la cessione in Questura, come previsto dalla legge in questi casi.

Lo sfogo del calciatore: "La ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia"

Lo sfogo dell'ex calciatore, campione del mondo nel 2006 con la nazionale italiana, è continuato fuori dall'aula. "Il nome ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia - ha detto. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente perché sono calabrese, perché sono di Cutro. Io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la ndrangheta non c'entriamo niente. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente".

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