Tecnologie sofisticate e banca dati europea: come si scopre un vino adulterato

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Di Claudio Rosmino
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I vini europei sono minacciati da tecniche di adulterazione sempre più sofisticate, per questo è necessario sviluppare metodi più efficaci per verificarne…

I vini europei sono minacciati da tecniche di adulterazione sempre più sofisticate, per questo è necessario sviluppare metodi più efficaci per verificarne l’autenticità.

Questo lavoro di indagine, coordinato dal Joint Research Center dell’Unione Europea, viene svolto usando i dati sulla composizione dei vini delle varie regioni.

In Italia gli ispettori del Ministero delle politiche agricole raccolgono campioni d’uva per poi farli analizzare da laboratori specializzati, come quello dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari di Catania (ICQRF).

“Sul campione ufficiale determiniamo i rapporti isotopici, confrontiamo i dati riscontrati con i dati di riferimento – ci spiega Grazia Laura Gambino, chimico dell’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) -. Come? Andremo nella banca dati, faremo una selezione dei campioni di riferimento, per quell’origine, per quell’annata, per quella DOC, e faremo un confronto dei parametri che abbiamo ottenuto in fase di produzione della banca dati con i parametri riscontrati su quel dato campione”.

Dopo avere raccolto i campioni d’uva i ricercatori li trasformano attraverso una procedura di minivinifazione (più breve rispetto alla vinificazione normale).

Successivamente, grazie a tecnologie sofisticate, si determinano le caratteristiche isotopiche (riferite a particolari tipi di atomo) dell’alcol e dell’acqua contenute nel vino.

Si tratta di una verifica importante, in quanto le pratiche illecite più diffuse sono la diluizione con acqua e l’aggiunta di alcol e zucchero.

I risultati ottenuti sono poi inviati alla Banca Dati del Vino dell’Unione europea, basata nel centro di ricerca di Geel, in Belgio.

Nei laboratori del JRC, come nelle altre strutture analoghe nel resto dell’Europa, per determinare la carta d’identità di un vino autentico vengono utilizzate tecnologie di tipo nucleare.

Risonanza magnetica e spettrometria di massa sono infatti gli strumenti analitici più efficaci per l’autenticazione del vino, in quanto forniscono informazioni sul campione a livello atomico (basate sugli isòtopi).

Si tratta di caratteristiche strettamente connesse all’ambiente naturale di provenienza, come ad esempio latitudine, altitudine, temperatura e quantità di pioggia.

“Qui, in particolare, ci interessa determinare il livello di ossigeno dell’acqua contenuta nel vino, livello che in Europa varia a seconda della latitudine – dice Eric Aries, chimico del centro di ricerca di Geel -. I vini prodotti in Sicilia, per esempio, hanno un livello di ossigeno più elevato di quelli prodotti in Germania”.

Ogni anno ricercatori da tutta l’Unione europea compilano un profilo aggiornato dei vini prodotti nei loro paesi. Questa gigantesca quantità di dati viene poi trasmessa al centro di ricerca di Geel.

“Tutte queste informazioni – dice Alain Maquet, direttore dello European Research Centre for Control in Wine Sector – ci consentono di avere una serie di dati per paese, per regione e per varietà. E sono dati della cui autenticità siamo sicuri. Ogni anno inseriamo circa 1600 analisi di campioni al nostro database, che al momento ne conta più di 20.000”.

Le informazioni, che sono accessibili a tutti gli Stati membri, diventano cruciali per determinare se un vino è stato adulterato e per un’eventuale azione legale.

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