"Il risentimento delle famiglie delle vittime non condizioni lo Stato"

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Di Simona Volta
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Elisabetta Zamparutti di Nessuno Tocchi Caino interviene sulla sentenza della Cassazione su Riina

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Il capo della mafia, 16 ergastoli, in carcere dal 1993, adesso sta male. Salvatore Riina ha 87 anni e la Corte di Cassazione ha chiesto al tribunale del Riesame di riconsiderare la richiesta di scarcerazione per permettergli una morte dignitosa. Le polemiche non mancano. Noi abbiamo raggiunto Elisabetta Zamparutti di Nessuno Tocchi Caino, la ONG che ha definito ‘ineccepibile’ la sentenza.

“L’umanità, nell’esecuzione della pena, deve essere tenuta in considerazione anche quando ci si trova di fronte a una persona pericolosa, come Totò Riina è stato, ma va capito se lo sia ancora”.

I familiari delle vittime insorgono. I loro cari – dicono – non hanno avuto una morte dignitosa. Ma per Nessuno Tocchi Caino occorre distinguere tra Stato e famiglie.

“Il senso di risentimento in cui i familiari sono ancora immersi, in cui ancora vivono, io lo comprendo come una dimensione loro, personale. Ma non può questo condizionare l’agire di uno Stato. Fenomeni terribili come quelli della Mafia e del terrorismo non si combattono con la terribilità della pena”.

Una morte dignitosa per Riina, ma nelle carceri italiane restano tante persone, anziane e gravi come lui, ma molto meno note.

“È chiaro che le condizioni di detenzione nelle carceri italiane sono gravi. Questo non toglie che perché una persona il cui nome è importante si trovi in una condizione di bisogno. La corte di Cassazione non ha deciso di rilasciarlo. Ha chiesto di meglio valutare, di meglio motivare ed è assurdo che questo non possa avvenire semplicemente perché questa persona si chiama Totò Riina”.

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