Gli altoparlanti ripetono all’infinito messaggi d’avvertimento: “Attenzione, questo è il confine ungherese.
Gli altoparlanti ripetono all’infinito messaggi d’avvertimento: “Attenzione, questo è il confine ungherese. Danneggiare la rete o attraversare il confine può costituire un crimine in Ungheria”. È una frontiera quasi deserta da quando i migranti hanno cambiato rotta, e da quando l’Europa e la Turchia si sono accordate.
Ma qualcuno ancora tenta l’attraversamento illegale, e per questo il governo di Budapest ha lanciato mesi fa un appello ai volontari, per formare un corpo di “cacciatori delle frontiere”.
Sono circa 2.000, e si preparano in questi giorni a scendere in campo.
“Sin da bambino volevo essere un poliziotto. Questa è una bella occasione: posso rendermi utile e proteggere il mio Paese”.
“Lavoravo nel turismo, ma volevo qualcosa di diverso. Volevo nuove sfide, e questa selezione per i cacciatori di Frontiera arriva al momento giusto”.
150.000 Forint al mese, pari a poco più di 500 €, poco meno del salario medio in Ungheria: non abbastanza per arricchire o per attrarre chi non sia già munito di un certo sentimento patriottico, tanto da essere pronto a passare mesi dietro alla seconda linea di recinzione, tra telecamere termiche e torrette d’osservazione, per un’attività di supporto ai diecimila militari e ai mille poliziotti già schierati al confine con la Serbia e spesso accusati di brutalità nei confronti dei migranti.
“Cacciatori” simili esistono anche in Bulgaria, ma sono gruppi di volontari non pagati dallo Stato. Tollerati, però, e a volte premiati per la loro attività di pattugliamento del confine con la Turchia.