USA: giudici di Hawaii e Maryland bloccano il nuovo bando contro l'immigrazione firmato da Trump

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Di Euronews
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Il testo viene ritenuto dai giudici dei due Stati 'discriminatorio'

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Il braccio di ferro tre i giudici e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump continua. Questa volta un giudice federale di Honolulu ha dato ragione allo Stato delle Hawaii, definendo il nuovo decreto
anti-immigrazione un testo in cui sono contenute prove di discriminazione religiosa.

La stessa tesi sostenuta dal Ministro della Giustizia delle Hawaii, Doug Chin:“Il fatto che ci fossero
grandi difficoltà per rendere il linguaggio più neutro, in realtà è servito come pretesto. In realtà ha mostrato che stavano cercando di mascherare, in una maniera più dura, l’animosità religiosa, dove per animosità si intende basicamente ostilità”.

Eppure, rispetto al testo firmato lo scorso 21 gennaio, dal nuovo documento, firmato da Trump il 6 marzo, erano stati tolti tutti gli elementi più discutibili.

I documento firmato il 21 gennaio prevedeva il divieto di ingresso nel territorio statunitense per le persone provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana, tra cui l’Iraq, per una durata di 90 giorni; per i rifugiati i giorni erano 120; per i rifugiati siriani il divieto aveva una durata indeterminata.

Il secondo decreto non riguarda più l’Iraq e sopprime l’interdizione di durata inderterminata per i rifugiati siriani.

L’ordine di sospensione temporanea di questo nuovo decreto è stata accolta positivamente a Seattle da Bob Ferguson, ministro delle giustizia dello Stato di Washington, il primo che si era appellato alla giustizia per far bloccare il primo decreto: “È esattamente quel che ci attendevamo. Esattamente quel che coloro che hanno querelato si attendevano, quello che tutti i miei colleghi di Stati come New York, California, Maryland, Massachusetts, Oregon – quello che ci stavamo aspettando. È una notizia fantastica”.

In Maryland a sporgere querela era stato un gruppo di associazioni di aiuto ai rifugiati. A essere messa in discussione è stata la questione sicurezza invocata da Donald Trump.

“Se ci sono minacce reali – chiarisce Lee Gelernt, avvocato di American Civil Liberties Union, una delle associazioni che hanno sporto querela – allora quelle minacce devono essere indagate su base individuale. Ma non dobbiamo dare per scontato che un gruppo o una religione siano più pericolosi di altri. Vogliamo tornare a un sistema in cui si indaghi sulle minacce su base individuale, non sulla base di una religione”.

In court this Wednesday to argue against #muslimban2 before it goes into effect.

— Lee Gelernt (@leegelernt) 13 marzo 2017

Il Capo della Casa Bianca si dice pronto ad andare fino al più alto grado di giurisdizione per difendere una delle sue promesse elettorali e provvedimento fondamentale dell’avvio del suo mandato. Ma se sempre più giudici si opporranno per il governo statunitense sarà sempre più complicato vincere.

If President Trump keeps trying to defend his Muslim ban in court, we'll keep winning. #NoBanNoWallNoRaidspic.twitter.com/ZD18CPeGEI

— ACLU National (@ACLU) March 16, 2017

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