Tangentopoli sudcoreana: erede Samsung nega accuse

Si apre a Seul il processo contro l’erede del colosso industriale sudcoreano Samsung, Lee Jae-Yong.
Il suo avvocato ha respinto le accuse di corruzione, frode, falsa testimonianza e appropriazione indebita che sono contestate dalla procura speciale nell’ambito della tangentopoli sudcoreana che ha investito la presidente della Repubblica.
L’udienza è durata circa un’ora, ma Lee – che resta detenuto in carcere – non era presente in aula. Il procedimento contro di lui rischia di durare a lungo, circa 18 mesi.
“Chiedo scusa al popolo della Corea del Sud – sono state le uniche parole di Lee nel mese di gennaio – perché quest’incidente ha fatto emergere una vicenda non positiva”.
L’erede del colosso Samsung avrebbe pagato una tangente da 35 milioni di euro a una società di Choi Soon-Sil, braccio destro della presidente deposta, Park Geun-hye, rappresentante di un culto sciamanico e ribattezzata la ‘Rasputin’ sudcoreana.
Lee Jae-Yong guida la multinazionale dal 2014. Ed è proprio sul passaggio di consegne che si concentra l’attenzione degli inquirenti: la tangente avrebbe facilitato la successione familiare.
L’inchiesta, in cui sono finite anche altre aziende come Hyundai e LG, è parallela a quella aperta contro Choi per abuso di potere, ricatto e tentativo di truffa e procede di pari passo al processo presso la Corte Costituzionale sulla destituzione della presidente.
Seul: chi e' la donna che rovino' la prima donna presidente https://t.co/dx1wd91Lfwpic.twitter.com/JzBYi3HOr4
— IlSole24ORE (@sole24ore) March 10, 2017