Brexit arriva al parlamento inglese, cosa voteranno i parlamentari scozzesi?

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Di Euronews
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A Westminster si legifera su Brexit. I labouristi rassicurano May ma c'è l'incognita su 100 parlamentari

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Tutto è iniziato il 24 giugno del 2016 quando il 51% dei britannici ha votato si al referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Un vecchio fantasma diventa realtà mentre l’altra metà degli inglesi osserva sotto shock e montano le proteste.
Cominciano in questo contesto lunghe e difficili trattative su chi dovrà farsi carico di portare avanti il divorzio, previsto dall’articolo 50 del trattato di Lisbona, tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea. Il trattato di Lisbona prevede inoltre che i trattati cessino di applicarsi allo Stato in questione dalla data di entrata in vigore dell’accordo di ritiro o, altrimenti, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2…ecc ecc

Theresa May, fin dall’inizio ha detto di voler seguire l’articolo 50 del trattato di Lisbona e pensava di poterlo fare sulla base delle sue sole intenzioni politiche, come ha ribadito il 17 gennaio: “Non voglio dire che cercheremo qualche forma di illimitato stato di transizione che ci congelerebbe in un purgatorio politico. Questo non sarebbe positivo né per la Gran Bretagna né per l’Unione europea. Invece io voglio che arriviamo con un accordo di partenariato al momento della conclusione della procedura prevista dall’articolo 50” – ha detto May.

Brexit, la corte suprema impone a May di consultare il parlamento
Ma poi si è espressa la corte suprema che ha imposto a May il coinvolgimento del parlamento. La tabella di marcia, che prevede l’avvio di Brexit entro marzo, non dovrebbe rallentarsi; il passaggio nelle aule è inevitabile; secondo la corte, infatti, sarebbe incostituzionale uscire dall’Unione Europea senza l’approvazione di una legge a Westminster. Il voto dovrebbe essere una formalità. L’opposizione laburista non lascia spazio a dubbi: “Supporteremo l’attivazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona. che si chiaro, molto chiaro. Questo è il risultato di un referendum e dobbiamo rispettarlo” – dice il leader Jeremy Corbyn.

Andrà tutto liscio? Non è detto perché potrebbero essere anche 100 i laburisti che non seguiranno le indicazioni di Corbyn. Inoltre la corte suprema ha stabilito che non servirà l’approvazione dei parlamenti regionali di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, il cui parere non è giuridicamente vincolante ma richiesto per convenzione.

Kathleen Brook, director of Research – City index – spiega: “Che la suprema corte non abbia citato la Sewel convention, cioè non abbia ritenuto opportuno consultare i parlamenti regionali di Irlanda del Nord, Galles e Scozia, potrebbe creare alcuni problemi, in particolare con gli scozzesi. E forse sono stati piantati i presupposti per un secondo potenziale referendum sull’indipendenza: quella della Scozia”.

Gli scozzesi, dunque, potrebbero riprovarci. Anche se nel 2014, quando votarono per la loro indipendenza, il 55 % scelse il no alla fine rimasero nel Regno Unito.

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