Stati Uniti: è battaglia legale dopo lo stop di Trump ai cittadini di 7 Paesi musulmani

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Di Euronews
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Giudici e attivisti contro i decreti del presidente che bloccano per 90 giorni gli ingressi e il rilascio dei visti

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Provvedimenti che hanno provocato una tempesta, negli Stati Uniti e non solo.
Venerdì il presidente americano Donald Trump ha vietato l’ingresso negli USA dei rifugiati per 120 giorni, e per 90 giorni dei cittadini di sette paesi a prevalenza musulmana Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Colpiti anche i possessori di green card per cui si deciderà caso per caso. Trump aveva promesso la stretta. In un comizio in South Corolina, dicembre 2015, disse: “Trump chiede una totale e completa chiusura all’ingresso dei musulmani nel negli Stati Uniti fino a quando non capiremo cosa esattamente sta accadendo. Non abbiamo altra scelta”.

Donald Trump, travolto dalle proteste e dal caos negli aeroporti ha negato che i decreti intendono discriminare in base alla religione: “Non è una messa al bando dei musulmani e siamo totalmente preparati. Sta funzionando bene. Si vede negli aeroporti e non solo che funziona”.

Invece immigrati, profughi, attivisti dei diritti civili e personalità del mondo dell’arte e della cultura manifestano contro -sottolineando, tra l’altro, che anche il papà di Steve Jobs sarebbe dovuto tornare indietro – e un giudice a New York, dà loro ragione.
L’American Civil Liberties Union è impegnata nella battaglia legale contro i decreti presidenziali. Anthony Romero, Executive Director, ACLU: “Abbiamo dimostrato oggi che i tribunali possono funzionare. Sono baluardo della nostra democrazia. E quando il presidente Trump approva le leggi o ordini esecutivi che sono incostituzionali e illegali, i tribunali sono pronti a difendere i diritti di tutti”.

Nel dettaglio la corte federale di Brooklyn ha stabilito che con l’interdizione della richiesta di asilo i decreti violano la garanzia costituzionale a un giusto processo; secondo punto: se si discrimina in base al Paese di provenienza si viola il diritto a una uguale protezione; infine, i decreti non rispettano i requisiti procedurali previsti dalle regole federali.

Altri tre giudici a Boston Alexandria e Seattle hanno impedito alle autorità locali di rispedire indietro i passeggeri colpiti dal provvedimento.

I decreti colpiscono anche gli europei con doppio passaporto come gli 80mila tedeschi di origine iraniana e i
30mila di origine irachena. Hollande e Merkel hanno condannato con forza la stretta. Trump da parte sua nega che il suo obiettivo siano i musulmani, afferma di agire per la sicurezza del Paese; ma non più tardi di venerdì ha detto, in un’intervista, che intende aiutare i cristiani siriani “trattati orribilmente”. Per i cristiani restano dunque aperte le porte degli Stati Uniti. Eppure secondo un rapporto di Amnesty International, nel 2015 erano musulmani, ben il 94% delle vittime del terrorismo fondamentalista islamico.

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