Madeleine Albright: "I profughi dovrebbero essere visti come una risorsa"

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L'ex segretario di Stato Usa Madeleine Albright ai nostri microfoni si esprime su Hillary Clinton, la crisi dei profughi in Europa, il ruolo degli Usa nel mondo e il mistero che circonda le sue famose

È la prima donna ad aver ricoperto la carica di segretario di Stato degli Stati Uniti, durante la presidenza di Bill Clinton, e da allora ha continuato a seguire da vicino la politica internazionale. Ora appoggia la campagna presidenziale di un’altra Clinton, Hillary.

Madeleine Albright ha risposto alle domande di Isabel Kumar, la nostra inviata al Globsec security forum di Bratislava, in Slovacchia.

Great to meet a feisty & interesting madeleine</a> Albright for discussion at the <a href="https://twitter.com/hashtag/GLOBSEC2016?src=hash">#GLOBSEC2016</a> security forum <a href="https://twitter.com/euronews">euronewspic.twitter.com/csxtDvWLjB

— Isabelle Kumar (@Isabelle_kumar) April 17, 2016

Isabelle Kumar, Euronews:Visto che ci troviamo a un forum sulla sicurezza, cominciamo con alcuni dei temi affrontati qui. Se guardiamo alla situazione globale, sembrerebbe che il mondo in questo momento sia bombardato da molteplici crisi. Ma pensa che ci troviamo in una situazione peggiore oggi rispetto, per esempio, a quando lei era segretario di Stato?

Madeleine Albright, ex segretario di Stato Usa: “Penso che effettivamente ci troviamo in una situazione peggiore di quando eravamo in carica noi: allora erano gli anni Novanta, eravamo tutti pieni di speranza ed eccitati per la fine della guerra fredda, con la prospettiva di un’Europa che potesse fare a tutti gli effetti parte della Nato, l’idea dell’Unione europea, e la sensazione che le Nazioni Unite potessero funzionare. Penso che fosse davvero un’epoca carica di speranza e di eccitanti aspettative”.

Isabelle Kumar:Guardiamo ora alla situazione in Europa. Vorrei ricordare ai nostri telespettatori che lei stessa è stata una profuga, che é fuggita dall’occupazione nazista di quella che era all’epoca la Cecoslovacchia. In questo momento vediamo una crescita del populismo in Europa. Ha l’impressione di rivivere i giorni bui della sua prima infanzia?

Madeleine Albright: “Be’, penso che sia una situazione diversa, ma certo, sono convinta che il populismo e il nazionalismo siano forze molto pericolose perché sembrano nutrirsi non solo degli estremismi, ma dell’odio verso qualcun altro. Una cosa è essere orgogliosi di quello che si è, della propria identità. Altro è decidere che le persone che ti vivono accanto sono inaccettabili”.

Biografia: Madeleine Albright

  • Madeleine Albright entra in carica come segretario di Stato Usa nel 1997
  • È la prima donna a ricoprire questa carica negli Stati Uniti
  • Albright è nata in Cecoslovacchia nel 1937
  • Ha vissuto in esilio in Inghilterra con la sua famiglia dopo l’occupazione della Cecoslovacchia da parte dei nazisti nel 1939

Isabelle Kumar: _ Uno dei problemi alla radice di questa crescita del populismo – problema che l’Europa ha affrontato con grandi sforzi – è la crisi dei profughi. In quanto ex profuga, apprezza la politica europea, che consiste sostanzialmente nello scambio di un siriano deportato dall’Europa per un profugo accolto in Europa?_

Madeleine Albright: “Dal punto di vista matematico sembra un’ottima soluzione, ma penso che tutto dipenda da come viene applicata, in che modo sono scelte le persone e perché tanto per cominciare lasciano la loro terra. Penso che la maggior parte di queste persone vorrebbero vivere nel paese dove sono nate. In che modo chi è scelto per tornare indietro sia poi scambiato con chi è considerato accettabile crea secondo me un problema di giudizio molto difficile da gestire. Io in realtà sono stata profuga due volte, la prima durante la seconda guerra mondiale con i miei genitori, quando i nazisti hanno occupato la Cecoslovacchia, e poi negli Stati Uniti dopo che hanno preso il potere i comunisti, e penso che la domanda da porsi sia: come sono trattati i profughi? Perché questo fa una grande differenza. Quando siamo arrivati negli Stati Uniti ci siamo sentiti dire: ‘Ci dispiace molto che il vostro paese sia finito sotto il potere di un sistema orribile’, ‘Come possiamo aiutarvi?’, ‘Siete i benvenuti qui’ e ‘Quando otterrete la cittadinanza?’. Queste cose non si sentono più dire molto”.

Isabelle Kumar:Allora come giudica la risposta dell’Europa?

Madeleine Albright: “Trovo molto difficile esprimere delle critiche, perché penso che gli Stati Uniti dovrebbero fare di più, ed è difficile per noi dire a qualcun altro che cosa debba fare se non siamo noi i primi ad accogliere più persone. Ma vorrei – e questo può sembrare molto strano ad alcuni – che si considerassero i profughi come una risorsa. Molte delle persone che stanno andando via dalla Siria sono istruite, competenti e dotate di spirito imprenditoriale. Penso che se cominci a trattare le persone come animali e non ne riconosci l’umanità, e poi le metti in posti dove si concentra un solo gruppo, stai contraddicendo proprio quel principio di multietnicità che dovrebbe essere il segno distintivo del ventunesimo secolo”.

Isabelle Kumar:Torniamo al periodo del suo mandato. Lei si è spesa molto nella ricerca di una soluzione alla guerra nei Balcani, non solo nelle sue vesti di segretario di Stato ma anche in quanto ambasciatrice all’Onu. Quindi deve aver seguito da vicino i vari processi che si sono svolti recentemente. Questi processi, questo tribunale, dovevano portare a una riconciliazione, ma secondo alcuni non hanno nemmeno prodotto giustizia. Che cosa è andato storto?

Madeleine Albright: “Innanzi tutto, credo che i tribunali abbiano operato abbastanza bene. Il fatto che Radovan Karadzic, che era uno dei maggiori responsabili, sia stato condannato, penso sia un risultato molto importante, perché lo scopo della corte era di assegnare colpe individuali e cancellare le colpe collettive, in modo che ci potesse essere una riconciliazione”.

Isabelle Kumar:Ma non sta succedendo…

Madeleine Albright: “In parte sì, ma non quanto pensavamo. Quello che ho imparato però è che vogliamo che tutto si risolva in fretta. Ci vuole parecchio tempo per risolvere problemi come questi. Penso che la parte più difficile da accettare sia quando vengono prese decisioni, come è accaduto ad esempio per gli accordi di Dayton, che vengono elaborate con tutta la buona volontà possibile sulla base della situazione del momento. Penso che spesso queste cose vadano aggiornate, corrette, in qualche modo”.

Isabelle Kumar:Quindi non sono più adatte allo scopo…

Madeleine Albright: “È possibile che non siano adatte allo scopo, e io penso che il modo in cui i diversi livelli di governo in Bosnia Erzegovina, le complicazioni che ne derivano, e poi il modo in cui alcuni dei poteri della Republika Srpska sono stati interpretati siano fonti di problemi. L’aspetto interessante è che alcuni serbi a Belgrado hanno cominciato a provare a guardare le cose da una prospettiva diversa, principalmente per effetto della prospettiva dell’adesione all’Unione europea. Ma non intendo difendere alcune delle cose che stanno succedendo. In Kosovo, per esempio, continuano a esserci problemi fra serbi e kosovari”.

Isabelle Kumar:Lei ha nominato Radovan Karadzic. Alcuni non accettano la condanna a 40 anni di carcere, pensano che dovrebbe restarci molto di più. Lei è soddisfatta della sentenza?

Madeleine Albright: “Penso che 40 anni siano molto tempo, considerata soprattutto la sua età. Devo dire che il Tribunale per i crimini di guerra in realtà ha lavorato meglio di quanto molti si aspettassero. È stato uno dei miei primi voti alle Nazioni Unite. Molti pensavano che nessuno sarebbe mai stato incriminato o processato. E invece è successo”.

Isabelle Kumar:Ma uno dei problemi è che i processi sono durati così tanto tempo…

Madeleine Albright: “Anch’io vorrei che avesse lavorato più in fretta. Ma preferisco restare positiva e cercare di capire quali siano i passi in avanti. Con il Tribunale per i crimini di guerra e la Corte criminale internazionale si tenta un approccio internazionale responsabile verso genocidio e crimini contro l’umanità”.

Isabelle Kumar:Abbiamo chiesto al nostro pubblico on line di inviare delle domande, ed è ora che ne scelga qualcuna. La nostra telespettatrice Sanaa Ben-Hammouda chiede: ‘Qual è la decisione più difficile che ha dovuto prendere quand’era in carica?’

Madeleine Albright: “Innanzi tutto, non mi sarei mai aspettata di diventare segretario di Stato, o ambasciatrice alle Nazioni Unite, e una delle cose più difficili è decidere come mandare delle persone in guerra, che cosa fare, e gli aspetti etici di una decisione del genere. Abbiamo parlato di Bosnia e Kosovo: di certo non è facile per una semplice mortale, civile e donna, sostenere l’uso della forza e poi mandare truppe in guerra. Penso che decidere quando sia accettabile usare la forza per sbarazzarsi di persone che ne stanno uccidendo altre sia una delle decisioni più difficili da prendere”.

Isabelle Kumar:È una decisione in cui crede ancora?

Madeleine Albright: “Certo, assolutamente, anche se so che molti la criticano. Da piccola ho vissuto per un po’ a Belgrado, mio padre era l’ambasciatore cecoslovacco in Jugoslavia. Non sono la benvenuta a Belgrado oggi ma penso davvero che quello che abbiamo fatto fosse giustificato, per fermare quello che Milosevic e Karadzic stavano facendo. E per dare l’opportunità ai bosniaci e ai kosovari di poter decidere come dovesse essere governato il loro paese”.

Isabelle Kumar:Gli Stati Uniti in realtà ci hanno messo del tempo prima di lanciare un’azione decisiva nel conflitto nei Balcani. Ma ora il presidente degli Stati Uniti Barack Obama è spesso oggetto di critiche per la posizione un po’ defilata che ha preso rispetto alla politica estera, in particolare per quanto riguarda la Siria. Come valuta l’impatto di una decisione del genere?

Madeleine Albright: “Personalmente penso che il modo in cui il presidente Bush ha trascinato il paese in guerra per l’Iraq, senza seguire la via diplomatica di portare una coalizione a lavorare realmente attraverso le Nazioni Unite, sia una delle ragioni. Ci si era posti il problema all’epoca sulla validità della teoria delle armi di distruzione di massa. E il presidente Obama è stato eletto per mettere fine alle guerre in Iraq e in Afghanistan. Quella è stata la base della sua elezione, la convinzione che quelle guerre fossero un errore. E penso che Obama creda che dobbiamo lavorare con gli altri paesi per contribuire a risolvere i problemi, che gli Stati Uniti non debbano fare tutto da soli, e penso che stia reagendo agli errori dell’amministrazione precedente”.

Isabelle Kumar:Quindi lei appoggia questa decisione di non intervenire?

Madeleine Albright: “Io credo che gli Stati Uniti debbano essere più coinvolti. La questione è quando. Ma è difficile…”

Isabelle Kumar:Più coinvolti in Siria?

Madeleine Albright: “In Siria. Be’, in generale. Ma il segretario di Stato Clinton era a favore di una no-fly zone, una zona sicura, in Siria. Io penso che sarebbe stato più facile da fare prima. Vorrei che fossimo stati in grado di capire meglio e prima chi fossero alcuni dei gruppi ribelli. Ma la parte più ardua, e io faccio molta attenzione a questo, è che, così come è successo quando c’era chi giudicava decisioni prese durante l’amministrazione Clinton, è facile dall’esterno dire ‘questo non doveva succedere’. Le persone che sono in carica prendono decisioni sulla base delle informazioni di cui dispongono in quel momento, e penso che… personalmente vorrei che avessimo fatto qualcosa prima in Siria”.

Isabelle Kumar:Questo mi fa pensare a una domanda che abbiamo ricevuto sui social media da un utente che si fa chiamare ydureiss, che chiede: ‘Quale dovrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti nel mondo?’

Madeleine Albright: “Penso che questa sia la domanda più difficile in questo momento. Gli Stati Uniti sono un paese molto particolare. Non siamo una potenza coloniale e non vogliamo essere i poliziotti del mondo. Ed è abbastanza difficile capire quando dovremmo farci coinvolgere e quando no. E veniamo criticati in entrambi i casi”.

Isabelle Kumar:Quale pensa che sia il migliore risultato della politica estera del presidente Obama?

Madeleine Albright: “Penso che ne abbia ottenuti diversi. Ad esempio, il modo in cui ha gestito la situazione con Osama Bin Laden, quella è stata una decisione molto difficile. Oppure il fatto di andare verso più ampie relazioni con l’Asia. O il tentativo suo e del segretario Kerry di fare qualcosa per il Medio Oriente. E poi penso che uno dei grandi risultati sia quel che ha fatto sul cambiamento climatico: mettere insieme i vari paesi a Parigi e continuare su quella strada. E poi il fatto di cercare di mostrare che gli Stati Uniti lavorano e lavoreranno insieme ai propri partner”.

Isabelle Kumar:Torniamo ancora all’epoca del suo mandato. Lei è stata oggetto di polemiche a proposito delle sanzioni all’Iraq: in tv aveva detto che 500 mila bambini morti erano il prezzo che valeva la pena pagare per le sanzioni. Io so che lei ha ritrattato questa frase, ma è una domanda che è ritornata più volte nei nostri social media. Ad esempio, qualcuno che si firma EU Economics dice: ‘Come può Madeleine Albright giustificare la morte di 500 mila bambini iracheni e dormire tranquillamente la notte?’

Madeleine Albright: “Ho già detto che si tratta della più grossa stupidaggine che abbia mai detto. Mi sono scusata e mi sono spiegata. Ma sembra che ci siano persone che vogliono continuare a tirarla fuori. Saddam Hussein aveva invaso un altro paese. C’era un piano che avrebbe permesso di consegnare cibo e medicine alla popolazione irachena. Saddam Hussein rifiutò di autorizzare le persone incaricate di distribuirle di entrare in Iraq per farlo. È stato Saddam Hussein a uccidere i bambini, non gli Stati Uniti. Stavo cercando di difendere, in generale, una politica di sanzioni che era stata istituita dalla precedente amministrazione Bush. Ma a volte si dicono stupidaggini, e vorrei che tutti quelli che mi criticano pensino se abbiano mai detto qualcosa di cui si sono pentiti. È una dichiarazione stupida, ma se c‘è gente che continua a volerla citare, non posso farci niente. Mi pento di averla detta.”

Isabelle Kumar:Cambiamo argomento e passiamo alla presidenza degli Stati Uniti. Lei è una fervente sostenitrice di Hillary Clinton. I suoi critici, però, dicono che è fredda, artificiale, e che sotto molti aspetti ambisce con troppa foga alla carica, e questo allontana la gente. Che cosa risponde?

Madeleine Albright: “Be’, penso che si sbaglino. Si tratta di una donna straordinaria che ha ricoperto molto bene e con grande devozione il suo ruolo pubblico. La conosco da molto tempo, è molto intelligente, lavora molto duramente e ha più esperienza di chiunque si sia mai candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Sa ascoltare la gente, sia in patria sia all’estero. Da senatrice ha fatto parte della Commissione servizi armati, sa come funziona, e da segretario di Stato ha ridato lustro alla reputazione del paese. Quindi penso che non ci sia nessuno più preparato di lei”.

Isabelle Kumar:Lei però ha detto che ‘All’inferno c‘è un girone apposta per le donne che non si aiutano a vicenda’. Se Hillary Clinton fosse stato un uomo, avrebbe avuto tutto questo sostegno da parte sua?

Madeleine Albright: “Assolutamente. Assolutamente. Perché preferirei sostenere un uomo che guarda nella direzione giusta piuttosto che una donna che si oppone a qualunque cosa. Hillary Clinton è la persona più qualificata per la carica di presidente degli Stati Uniti, uomo o donna che sia”.

Isabelle Kumar:Ho una domanda da parte di un telespettatore che si fa chiamare McOuasfi, anche se posso già immaginare la risposta. Riguarda Donald Trump: è una minaccia per gli Stati Uniti o il contrario?

Madeleine Albright: “Penso che sia entrambe le cose. Perché il problema in parte è che nessuno ha la più pallida idea di quel che lui faccia o pensi. Parla con se stesso – del resto lo ammette: si dà consigli da solo, e penso che sia… Per me è molto difficile, quando mi trovo all’estero, cercare di spiegare alla gente le cose che sta dicendo, che sono molto dannose per l’America e per il mondo”.

Isabelle Kumar:Lei sa che in Europa in molti si grattano la testa nel cercare di capire perché sia così popolare negli Stati Uniti. Che cosa fa il successo di uno come Donald Trump?

Madeleine Albright: “Penso che i media siano complici del suo successo, perché ha una storia interessante e ha fatto crescere l’audience di diversi canali televisivi. E penso che in parte sia questo il problema. Ma quel che dobbiamo ricordare in continuazione è che è popolare all’interno di una minuscola parte di un solo partito. C‘è gente che non capisce quale sia la differenza fra un reality show e la realtà di governare gli Stati Uniti d’America”.

Isabelle Kumar:Donald Trump è stato criticato per alcune dichiarazioni sessiste. Il fatto di essere la prima donna ad aver ricoperto il ruolo di segretario di Stato degli Stati Uniti deve averla penalizzata in alcune situazioni, ma deve anche averla avvantaggiata in altre. Mi può fare l’esempio di una situazione in cui il fatto di essere donna è stato determinante?

Madeleine Albright: “Be’, ovviamente non credo che le donne siano tutte uguali, ma penso che sia vero che cerchiamo di sviluppare un tipo di rapporto più personale con la gente e che cerchiamo di entrare nel ruolo del diplomatico. E una delle prime regole del diplomatico è di mettersi nei panni dell’altra persona. E penso che le donne abbiano talento in questo. Io ad esempio ho sviluppato l’arte del ‘bacio diplomatico’, penso che questo mi abbia sempre permesso di rompere facilmente il ghiaccio”.

Isabelle Kumar:Scusi, che cos‘è il ‘bacio diplomatico’?

Madeleine Albright: “Sa, quando si arriva in un paese, le cose sono complicate, e non ci sono immagini dei miei predecessori in questo senso: in alcuni paesi – quelli latini, per esempio – è più difficile, alcuni baciano sulla guancia destra, altri sulla guancia sinistra, ma io mi sbagliavo sempre e finiva in uno scontro di nasi. E poi i francesi danno due baci, gli olandesi tre… È molto difficile, ma è un ottimo modo di avviare un incontro”.

Isabelle Kumar:E per finire, è impossibile intervistare Madeleine Albright senza punzecchiarla sulle sue spille. Può dirmi qual è stato il suo ‘momento spilla’ più significativo?

Madeleine Albright: “Il più significativo? Be, devo dire che ce ne sono diversi. A volte ci azzecco, altre volte no. Il mio più grosso errore con le spille è stato quando ne ho messa una con le scimmiette ‘non vedo, non sento, non parlo’ a un incontro con il presidente Putin. Al nostro arrivo, lui disse al presidente Clinton: ‘Noi facciamo sempre caso alle spille del segretario Albright. Perché ha quelle tre scimmiette?’ E io risposi: ‘Perché penso che la vostra politica in Cecenia sia malvagia’. Si arrabbiò molto con me, giustamente. Ora indosserei di nuovo le tre scimmiette perché penso che alcune delle cose che Putin sta facendo siano malvagie”.

Isabelle Kumar:Può dirmi che cosa significa la spilla di oggi?

Madeleine Albright: “Questa qui… ci sono due globi e mi sembrava quella giusta da mettere a una conferenza che include la parola ‘global’. Ho pensato che fosse divertente”.

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