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Bielorussia, vittima dimenticata di Chernobyl

Bielorussia, vittima dimenticata di Chernobyl
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Di Andrea Neri
Pubblicato il
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A 30 anni dall’incidente di Chernobyl, la Bielorussia continua ad essere un enorme buco nero. Quando il 26 aprile 1986 il quarto reattore della

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A 30 anni dall’incidente di Chernobyl, la Bielorussia continua ad essere un enorme buco nero. Quando il 26 aprile 1986 il quarto reattore della centrale di Prip’jat’- Chernobyl, in territorio ucraino, esplode, il vento soffia da Sud. Nei giorni immediatamente successivi il 70% della nube radioattiva, in base alla “geografia” delle precipitazioni, si abbatte sul territorio bielorusso. A titolo di paragone: se i radionuclidi come cesio-137, stronzio e plutonio contaminano il 23% della Bielorussia, solo il 4,8% del territorio ucraino è interessato e appena lo 0,5% del territorio russo.

La regione più colpita in Bielorussia è la Polesia, un grande territorio boschivo condiviso tra Ucraina e Bielorussia. Le provincie di Mazyr e Gomel, nel Sud-Est del Paese, ma anche la provincia di Moguilev, nell’Est, e quella di Vitebsk nel Nord-Est, hanno livelli di contaminazione da cesio-137 paragonabili a quelli del lato ucraino della frontiera. Negli ultimi 10 anni il Presidente ucraino Alexander Lukashenko ha condotto una costante campagna di disinformazione finalizzata a minimizzare gli effetti delle radiazioni per la popolazione. Il problema della contaminazione da radioelementi investe comunque tutto il Paese, basato su un’economia prettamente rurale, attraverso la circolazione di prodotti alimentari. I funghi o ancora il pesce sono un tipico esempio: raccolti e pescato ovunque nei boschi e nei fiumi bielorussi, vengono poi venduti in differenti regioni e province.

In territorio bielorusso tuttavia è stata creata la cosiddetta “Riserva Nazionale Radioecologica di Polesia”. In linea di principio si tratta di un’area di esclusione alla quale ha accesso soltanto personale autorizzato e scienziati il cui compito è studiare gli effetti di un ambiente contaminato sulla flora e sulla fauna. L’idea tuttavia che gli effetti delle radiazioni in senso lato possano essere “spariti” è una drammatica falsificazione della realtà. Un solo esempio: il periodo di dimezzamento della vita del Plutonio 239 (radioelemento presente in primis nel raggio di 30 km attorno alla centrale ma anche al di là) è di circa 24.000 anni. Il ché significa che tra 24.000 anni gli attuali livelli di radiazione dell’ambiente saranno diminuiti della metà.

Belarus: the silent victim of Chernobyl?

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