Potremmo chiamarlo “Turismo rosso”, proprio come hanno fatto le autorità di Pechino e il Memoriale di Lenin nello stringere un accordo per sviluppare
Potremmo chiamarlo “Turismo rosso”, proprio come hanno fatto le autorità di Pechino e il Memoriale di Lenin nello stringere un accordo per sviluppare il turismo cinese in Russia.
Il flusso turistico dalla Cina verso la Russia è cresciuto del 63%. I tour organizzati rappresentano oltre la metà di tale flusso
La nostalgia per il passato comune è una miniera d’oro per Mosca, oggi alle prese con un calo generalizzato dei visitatori occidentali a causa delle tensioni geopolitiche con l’Occidente.
“Non avevamo mai visto la neve, per cui abbiamo deciso di venire in vacanza qui in Russia”, afferma una ragazza. “Sempre più cinesi vengono a causa del crollo del rublo”, le fa eco un ragazzino.
L’anno scorso ne sono sbarcati oltre un milione per approfittare del cambio: se a gennaio del 2013 un renminbi valeva meno di cinque rubli, oggi ne vale ben 13.
Pesa, oltre alle sanzioni economiche, il crollo del prezzo del petrolio, cioè principale export di Mosca.
“Il flusso turistico dalla Cina è cresciuto del 63%. I tour organizzati rappresentano oltre la metà di tale flusso”, spiega la responsabile dell’associazione turistica World Without Borders, Svetlana Pyatikhatka.
Facile capire perché: in un clima di ritrovata intesa tra i due Paesi, la Russia fa il possibile per attirare i turisti cinesi, primi in classifica in termini di spesa all’estero.
Ai gruppi di almeno cinque persone non serve visto per entrare e sono nate iniziative per rendere i soggiorni più confortevoli: cibo cinese, staff bilingue e tanta acqua calda per il tè.