E' polemica sulla campagna di disinformazione cinese e sull'influenza di Pechino sul rapporto Ue. Bruxelles smentisce
L'Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea è irremovibile: il rapporto del suo team, sulle campagne di disinformazione sulla crisi del Covid-19, non è stato influenzato dalla Cina.
"Non ci siamo inchinati davanti a nessuno", ha dichiarato Joseph Borrell. "Sia chiaro, siamo un servizio diplomatico. Manteniamo un contatto costante con i rappresentanti dei Paesi terzi. Questo include ascoltare le loro opinioni sulle nostre politiche e sulle nostre valutazioni".
Secondo Borrell, Pechino non era contenta del documento interno trapelato, che conteneva un linguaggio molto più forte contro la Cina, o di quello ufficiale pubblicato dal SEAE. I funzionari cinesi lo hanno contattato, preoccupati per la fuga di notizie al New York Times. E ha sottolineato che si indagherà su eventuali informatori nella sua squadra, che cercano di screditare la leadership.
Ma l'eurodeputato, autore della petizione che ha portato a tutto ciò, ritiene che questa non sia la strada giusta da seguire.
"Non è una caccia alle streghe", spiega Bart Groothuis. "Dovremmo essere molto trasparenti su quello che è successo qui e penso che quello che dovremmo fare non sia creare ansia".
Secondo il rapporto pubblicato dall'Ue, autorità e media cinesi evitano di indicare Wuhan, come origine della pandemia. Anche l'ambasciatore cinese a Bruxelles si dice costernato. "La disinformazione è un nemico per tutti noi e deve essere affrontata da tutti noi", sostiene Zhang Ming. "Fin dall'inizio la Cina ha sofferto molto per la disinformazione".
A Bruxelles si insiste sul fatto che i rapporti non vengono annacquati, per così dire, ma le campagne di disinformazione sembrano comunque dilagare.