Per alcuni partecipare all'eurovisione significa appoggiare l'apartheid contro i cittadini palestinesi, per altri la musica dovrebbe servire ad andare oltre le divisioni politiche.
Amato, contestato ma di certo difficilemente ignorato.
L'evento musicale dell' Eurovisione è da sempre uno show pieno di drammi e controversie. Quest'anno il concorso è di nuovo al centro delle polemiche. Ad ospitarlo è infatti Israele, che oggi più che mai si trova a fare i conti con l'irrisolta questione palestinese.
Inoltre, l'intensificarsi delle violenze ed incursioni a Gaza negli ultimi mesi hanno rafforzato le critiche, spiega Joel Schalit, giornalista israeliano.
"Non si tratta solo di interpretare l'evento come una legittimazione dell'occupazione israeliana dei territori palestinesi, ma è anche perché Israele ancora non è riuscito a consolidarsi come nazione.
Ci sono troppe persone che vivono in circostanze ambigue all'interno della sua giurisdizione. Penso che sempre più gli israeliani ne sono consapevoli ed è per questo che ci sono state così tante proteste e manifestazioni riguardanti l'Eurovision".
Molti ritengono che gli israeliani meritino di ospitare questo evento musicale di rilevanza internazionale, ma che dovrebbe essere organizzato in modo da rispettare anche i fedeli che pregano nelle moschee vicino ai padiglioni dell'Eurovisione.
"Quando preghiamo qui dentro non c'è solennità a causa del suono. Tutto questo durerà una settimana e per questo periodo ci troveremo a pregare di notte in un luogo rumoroso. è fastidioso per noi fedeli", racconta un giovane musulmano.
Ma quest'anno l'Eurovisione porta in scena anche le polemiche sulle origini egiziane del cantante italiano Mahmood e sugli attacchi omofobi lanciati alla drag queen- Framcp-marocchina, Bilal Hassani.