La verità negata di via D'Amelio a 30 anni dalla strage di mafia

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RAI Diritti d'autore Omaggio a Borsellino e la sua scorta
Di euronews e ansa
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Una recente sentenza del tribunale di Caltanissetta ha assolto tre poliziotti dall'accusa di avere ordito quello che i giudici hanno definito "Il più colossale depistaggio nella storia della Repubblica"

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Palermo ricorda la strage di via D'Amelio il 19 luglio 1992: al numero civico 21 vennero massacrati il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Erano gli anni della mafia padrona non solo dell'intera Sicilia. A trent'anni di distanza non c'è piena luce sull'attentato come dimostra la recente sentenza del tribunale di Caltanissetta che ha assolto tre poliziotti dall'accusa di aver ordito quello che i giudici hanno definito "Il più colossale depistaggio nello storia della Repubblica".

Il boato spaventoso

Il ricordo di quegli attimi terribili, di quel boato spaventoso, l'immagine dei corpi smembrati e ridotti a brandelli dei suoi colleghi e di Paolo Borsellino continua a perseguitarlo. Ecco il tormento di Antonio Vullo,  l'unico agente di scorta sopravvissuto all'attentato di via D'Amelio; salvo per miracolo grazie al fatto che si trovava ancora all'interno dell'auto blindata quando i macellai di Cosa Nostra azionarono il telecomando della bomba.

Sono passati trent'anni ma quel 19 luglio per me continua a rivivere giorno dopo giorno, notte dopo notte. E' una sofferenza che non avrà mai fine. Dopo l'esplosione sono riuscito a uscire dall'auto che stava prendendo fuoco. Ero stordito ma non potrò mai dimenticare quella scena. Ho visto brandelli di carne e un piede mozzato, ho capito dalla scarpa che era quello di Claudio Traina, il collega che fino a pochi istanti prima scherzava con me. Come si fa a dimenticare questo orrore?
Antonio Vullo

Il tormento e la memoria

A tormentare Vullo, che come ogni 19 luglio anche oggi è tornato in via D'Amelio per rendere omaggio a Paolo Borsellino e ai cinque agenti di scorta massacrati dalla mafia, non è però solo il ricordo di quell'inferno ma anche il fatto che, a trent'anni di distanza, non sia ancora stata fatta piena luce sull'attentato. "Un depistaggio senza colpevoli - sottolinea Vullo - come si fa a non essere amareggiati?". Vullo parla anche delle tante "zone d'ombra" sull'attentato: "I motivi che determinarono l'uccisione di Paolo Borsellino sono molteplici - afferma - ma io credo che uno dei misteri che andrebbero chiariti è sicuramente la scomparsa dell'agenda rossa sulla quale il giudice annotava tutto. Purtroppo credo che ormai sarà difficile ritrovarla. La mia convinzione è che proprio quell'agenda costituisca il motivo principale della sua morte".

Vullo, che in questi anni ha incontrato gli studenti delle scuole di tutta Italia per raccontare cosa accadde quel maledetto 19 luglio, dice di non avere perso la fiducia nello Stato ma aggiunge: "Quando i ragazzi mi chiedono come mai non si sia ancora arrivati a una verità completa, rispondo che quando sono coinvolti esponenti delle istituzioni diventa tutto più difficile...". 

Commemorare non basta

Non basteranno mai le commemorazioni per riscrivere la vera storia che già con l'altro "hollywodiano" attentato di Capaci aveva ucciso il giudice Falcone e il suo seguito. Rapporti criminali stato-mafia, droga, soldi in cambio di eroina, riciclaggio di miliardi, i maxi processi, la dinastia dei corleonesi, Totò Riina, i rapporti strettissimi con gli Stati Uniti e la criminalità industriale d'oltre Atlantico. Una galassia che nasconde la verità vera all'Italia e al mondo.

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