Sulla Striscia di Gaza si torna a lavorare mentre i leader di Hamas si mostrano in strada rivendicando quella che reputano una propria vittoria. A Gerusalemme Est intanto riaffiora la tensione
Riprendere a vivere a Gaza, malgrado tutto.
La tregua è fragile, la calma apparente lo sanno anche i pescatori palestinesi che tornano in mare dopo 11 giorni di conflitto, pregando con parole loro Allah, perché la pesca sia abbondante.
Non mancano anche i commenti diretti al nemico di sempre. Gli israeliani che con le motovedette impediscono di andare al largo. Salah Abu Riyaleh non lo manda a dire:
"Hanno sparato dei colpi verso la nostra direzione - dice lui - Abbiamo ancora paura, non c'è una tregua". E intanto ripara le reti da pesca.
E sulle strade di Gaza i militari fanno sfoggio di forza e muscoli, sfilando tra i sostenitori lasciandosi alle spalle 11 giorni di conflitto, 250 morti e oltre 1700 feriti. Tralasciando le macerie.
Un bilancio da freddo siderale, mentre la gente piange Bassem Issa, uno dei capi militari di Hamas ucciso nei raid dei giorni scorsi. Mentre il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar, si mostra anche a uso delle telecamere mentre dà le condoglianze alle famiglie delle vittime.
I nodi del contendere però tornano subito a galla e nel vicinato di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme Est nelle ultime ore si sono registrate nuove tensioni, proprio nel quartiere all'origine del nuovo conflitto, lo sfratto dei palestinesi autorizzato da un tribunale israeliano ha dato fuoco alle polveri.
Il blocco della Corte suprema arrivato in extremis non ha evitato questo nuovo bagno di sangue.