(ANSA) – AOSTA, 27 AGO – “L’essere illesa l’ha facilitata,
perché se avesse avuto un trauma e perso conoscenza l’ipotermia
si sarebbe manifestata in modo più evidente”, invece “in qualche
modo muovendosi, mantenendo una certa attività muscolare,
probabilmente è riuscita a tenere la temperatura corporea a
valori non troppo bassi”. Lo spiega all’ANSA il dottor Guido
Giardini, responsabile dell’ambulatorio di Medicina di montagna
dell’ospedale di Aosta e già presidente della Società Italiana
di Medicina di montagna, in merito al salvataggio di una turista
russa trovata viva dopo due giorni trascorsi in un crepaccio sul
versante svizzero del massiccio del Monte Rosa.
All’interno della fessura del ghiacciaio la donna “era al riparo
dal vento” e “l’essersi fermata su un ponte di neve” ha fatto sì
che non fosse “a contatto diretto con il ghiaccio, che l’avrebbe
raffreddata. Magari è riuscita anche a mangiare qualcosa o a
bere, anche solo la neve che si scioglieva, e quindi in qualche
modo se l‘è cavata”. “Certo – aggiunge Giardini – che se fosse
rimasta lì più di 48 ore avrebbe iniziato a perdere
temperatura”.
Uno stato di ipotermia come il suo (34 gradi), “compreso tra
34,9 gradi e 32 gradi”, è considerato “lieve, perché è
risolvibile con il brivido, assumendo bevande calde e
coprendosi”. Con temperature inferiori occorre invece il
trattamento “in ospedale e sotto i 30 gradi sopraggiungono le
prime complicanze cardiache e neurologiche”. (ANSA).
Due giorni in crepaccio, "salva perché ha evitato ipotermia"

Esperto, "da illesa ha potuto muoversi e era al riparo da vento"
Di ANSA
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