Roma, così tra migranti e senzatetto si previene il Coronavirus

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Di Antonio Michele Storto
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Termometro, saturimetro e questionari sono gli strumenti con cui i volontari della Ong Intersos cercano di tracciare l'eventuale presenza di sintomi tra migranti, sentaterro e dimenticati. A ognuno dei quali, il mondo dell'associazionismo ora manda un messaggio: #nonseisolo

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Termometro sulla fronte e saturimetro al dito per misurare l'ossigeno nel sangue. Una rapida serie di domande ben mirate, e avanti il prossimo.

Siamo a Roma, nei pressi della stazione Termini, da sempre rifugio per i senzatetto della capitale: qui lo slogan #IoRestoaCasa, per forza di cose, non è neppure arrivato.

I migranti intervistati nell'unità medica mobile della Ong InterSos non hanno neppure una vaga idea di cosa sia o di come agisca sull'organismo il Covid 19. "E' come un piccolo, piccolo animale invisibile" spiega a uno di loro la dottoresssa Angela Torchiaro: in queste ore, nel furgoncino dell'associazione, continua a intervistare un migrante dopo l'altro, un senzatetto dopo l'altro, un dimenticato dopo l'altro.

L'obiettivo non è soltanto tracciare ed eventualmente aiutare a contenere l'epidemia tra gli individui più esposti e fragili, ma anche aumentarne la consapevolezza rispetto ai rischi corsi.

"Non ci limitiamo a fare un controllo medico - spiega Abdoul Bassite Ouro Yondou, tra i volontari dell'associazione - ma li informiamo anche su ciò che sta accadendo in questo momento. Spieghiamo loro cos'è il coronavirus, come proteggersi, come proteggere gli altri, come lavarsi le mani. Spieghiamo anche come rispettare tutti i protocolli per essere sicuri".

"Non sei solo"

Soltanto a Roma, di senzatetto se ne contano8mila.

In questi giorni di rientro semi-coatto nelle abitazioni, gli operatori, i medici e i volontari che gestiscono la galassia di mense, dormitori e centri diurni che dei marginali scandiscono l'esistenza, sono stati costretti, in molti casii, a lasciare le proprie mansioni. Nella mensa Caritas di Colle Oppio, in piena emergenza, venivano ancora distribuiti 380 pasti al giorno: «Di solito ci sono 15 operatori - raccontava il 12 marzo il direttore Don Benoni Ambarus in un'intervista alla Stampa "e invece ieri erano in 3".

Ed è qui che si inseriscono realtà come intersos, il cui lavoro è riprendere contatto diretto con questo mare di volti che ora - nonostante nelle strade ci siano rimasti pressoché soltanto loro - sembrano perfino più dimenticati del solito. All'ormai inflazionatissimo #IoRestoaCasa, la ong Aps Cambalache ha rilanciato con #Noneisolo, hashtag e nome di una campagna che elenca - oltre a una serie di informazioni utili rispetto al Covid19 per chi vive in strada, dalle modalità per gestire il panico ai possibili inconvenienti col rinnovo dei documenti - anche le campagne finora messe in piedi. come quella dell'organizzazione romana

Un'iniziativa, la loro, che ha una valenza sociale oltre che umanitaria: perché rendendo consapevoli i soggetti piu esposti - quelli che tra le mura domenstiche non potrebbero rinchiudersi neanche volendo - si finisce per limitare anche un potenziale vettore di contagio

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