Papa Francesco abolisce il segreto pontificio per i casi di pedopornografia

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Papa Francesco ha stabilito che il reato di pedopornografia sussiste fino a quando i soggetti ripresi nelle immagini hanno l'età di 18 anni, e non solo 14 com'era finora. E' l'effetto di un Rescriptum ex audientia pubblicato oggi con alcune modifiche alle "Normae de gravioribus delictis".

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Papa Francesco stabilisce che il reato di pedopornografia sussiste fino a quando i soggetti ripresi nelle immagini hanno l'età di 18 anni, e non solo 14 com'era finora. E' l'effetto di un Rescriptum ex audientia pubblicato oggi con alcune modifiche alle "Normae de gravioribus delictis".

Sicchè da adesso non saranno più coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni riguardanti i casi di violenza e di atti sessuali compiuti da un chierico sotto minaccia o abuso di autorità o di abuso sui minori e su persone vulnerabili; i casi di pedopornografia; i casi di mancata denuncia e copertura degli abusatori da parte dei vescovi e dei superiori generali degli istituti religiosi.

I due atti amministrativi voluti da Francesco

Lo stabiliscono i  due atti amministrativi emanati per volontà del Papa secondo i quali rientrano nei “delicta graviora” – anche i delitti più gravi - la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni.

Lo scopo, precisa un “contributo di mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi è “precisare il grado di riserva con cui devono essere gestite le notizie o le denunce concernenti abusi sessuali compiuti da chierici o persone consacrate contro minori e altri soggetti qui determinati, nonché quelle eventuali condotte di autorità ecclesiastiche che tendessero a silenziarle o coprirle”. “Lo scopo della nuova Istruzione è di cancellare in questi casi la soggezione a quello che viene chiamato ‘segreto pontificio’, riconducendo invece il ‘livello’ di riservatezza, doverosamente richiesta a tutela della buona fama delle persone coinvolte, al normale ‘segreto d’ufficio’”.

Il contributo di Dalla Torre

A proposito dei due atti, un “contributo” di Giuseppe Dalla Torre, già presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, spiega che “la caduta del segreto pontificio ha effetti generali sull’intero arco della vicenda diretta al perseguimento, in sede canonica, di comportamenti disonesti” e riguarda sia le procedure che si svolgono in sede locale, sia quelle che hanno luogo a Roma”. “Resta comprensibilmente il segreto d’ufficio”, ma “sul punto il provvedimento è chiaro: ‘Il segreto d’ufficio non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo alle leggi statali, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili’. Ciò significa che qualora la legge statale preveda un obbligo di denuncia da parte di chi sia informato dei fatti, il venire meno del segreto pontificio e la precisazione sui limiti del segreto d’ufficio consentono tranquillamente l’adempimento di quanto previsto dalla legge, favorendo così la piena collaborazione con le autorità civili ed evitando illegittime incursioni dell’autorità civile nella sfera canonica. Lo stesso dicasi quando si tratti addirittura di provvedimenti esecutivi dell’autorità giudiziaria statale, l’inottemperanza ai quali sottoporrebbe – tra l’altro – la competente autorità ecclesiastica a gravi sanzioni per violazione della legge penale”.

“Giova notare che l’Istruzione ora pubblicata si premura di precisare che nessun vincolo di silenzio riguardo ai fatti di causa può essere posto, da parte di qualsivoglia autorità, a chi effettua la segnalazione di abusi, alla persona che afferma di essere stata offesa e ai testimoni. In questo modo si chiude il cerchio garantistico che il provvedimento pontificio intende assicurare”.

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