Nel maggio del 1992, Radovan Karadzic, leader serbo di Bosnia e il leader nazionalista croato, Mate Boban, raggiungono un accordo che assomiglia a una spartizione della Bosnia ai danni dei bosniaci. Tanto da trasformare gli scontri craoti-bosniaci in un vero e proprio conflitto
La distruzione da parte croata dello Star Most, il ponte ottomano di Mostar, simbolo dellla multietnicità della città, è l'immagine di quella che fu una guerra nella guerra nei Balcani.
Sin dall'inizio del conflitto, i croati cattolici di Bosnia combattono al fianco dei bosniaci musulmani contro i Serbi ortodossi.
Ma i leader nazionalisti della comunità croata non riescono più a nascondere la loro volontà di creare una 'grande Croazia', progetto appoggiato dal presidente croato Franjo Tudjman.
Nel maggio del 1992, Radovan Karadzic, leader serbo di Bosnia e il leader nazionalista croato Mate Boban raggiungono un accordo che assomiglia a una spartizione della Bosnia ai danni dei bosniaci.
Tanto da trasformare gli scontri craoti-bosniaci in un vero e proprio conflitto.
Nell'agosto del 1993 Maten Boban proclama unilateralmente la Repubblica croata di Herceg Bosna, dotata di un parlamento e di un esercito.
Gli accordi di Wasghinton nel marzo del 1994 mettono fine alla guerra e gettano le basi di una federazione croato musulmana.
Su pressione occidentale, il presidente croato Franjo Tudjman accetta nell'agosto 1996 la dissoluzione dell'entità.
La guerra croato bosniaca ha fatto circa 10 mila morti e centinaia di migliaia di sfollati.
A Mostar, il ponte simbolo del conflitto è stato, grazie a aiuti Unesco, ma la città resta divisa e da dieci anni prima di amministrazione.