"Non voltarti indietro", quando la giustizia è colpevole

"Non voltarti indietro", quando la giustizia è colpevole
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Di Claudio Rosmino
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“Chi subisce una pena ingiusta, non ne esce più”. A raccontare la sua esperienza di malagiusitizia è Daniela Candeloro, commercialista, assolta, nel 2013, dalle accuse di bancarotta, riciclaggio, associazione a delinquere e appropriazione indebita, dopo aver trascorso quattro mesi e mezzo in cella e altri 7 mesi e mezzo agli arresti domiciliari.

E’ una delle cinque storie raccontate dal docufilm di Francesco Del Grosso “Non voltarti indietro”. Gli altri compagni di questa odissea nell’ingiustizia sono tutte persone comuni: l’impiegato delle poste Vittorio Raffaele Gallo, lo stilista Fabrizio Bottaro, l’assessore comunale Antonio Lattanzi e la dipendente pubblica Lucia Fiumberti. Cortocircuiti della giustizia che hanno portato in carcere cittadini innocenti, riconosciuti come tali solo dopo lunghe sofferenze e battaglie legali.
Dal 1992 a oggi, almeno mille innocenti sono stati incarcerati ogni anno. Ingiustamente. Lo Stato italiano ha speso, in totale, più di 600 milioni di euro in risarcimenti per errori giudiziari e ingiuste detenzioni.

All’origine di questo “j’accuse” nei confronti della giustizia italiana vi sono i contenuti di errorigiudiziari.com, sito ideato e realizzato dai giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone , in collaborazione con l’avvocato Stefano Oliva
.
“Non voltarti indietro” è stato presentato in una quindicina di festival cinematografici, ricevendo ovunque ottimi riscontri. Recentemente ha ottenuto importanti apprezzamenti anche dal pubblico del festival del cinema italiano di Tolosa, “Rencontres du Cinéma Italien”.

Il documentario si apre col momento dell’arresto, raccontato dai diretti protagonisti, e tutto quanto ha fatto seguito: il trasferimento alla prigione, senza conoscere neanche l’accusa; la vita in cella, le relazioni con quel mondo nuovo e con gli altri detenuti; come mantenere l’equilibrio psicologico, come trovare il cammino verso la giustizia e, alla fine, verso la libertà.

Impossibile per lo spettatore non identificarsi con una delle diverse umanità dei protagonisti: Antonio, che decide di marcare l’anno nero della sua vita con qualcosa di positivo, e chiede alla moglie di fare un figlio non appena sarà uscito di prigione; Daniela, che dopo la sera dell’arresto, non potrà più sopportare il suono del campanello di casa; VIttorio che ha perso lavoro e moglie in seguito a causa della vicenda che lo ha investito.

Il ritmo della narrazione è incalzante, si vive il dramma in diretta. La telecamera scruta i volti delle vittime con intensi primi piani, alternati a piani laterali in chiaro scuro che accentuano la sensazione di drammaticità.
Il montaggio e la musica accompagnano con coerenza e rispetto lo sviluppo delle storie.

Quando l’ingiustizia sfuma verso un ritorno della giustizia, la luce diventa protagonista, i personaggi concludono all’aria aperta la loro storia per simbolizzare il ritorno alla libertà. Le loro cicatrici, invece, resteranno dentro di loro nonostante il “lieto fine”, nonostante i risarcimenti economici. Perché fin dalla prima immagine di “Non voltarti indietro” è chiaro che “chi subisce una pena ingiusta, non ne esce più”.

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