Ora l'opinione pubblica internazionale si interroga sulla sorte dei desaparecidos egiziani
La salma di Giulio Regeni è rientrata in Italia, ma la verità sulla sua morte è ancora un mistero. L’unica certezza arriva dall’autopsia: il ricercatore friulano è morto per la frattura di una vertebra cervicale causata da un violento colpo al collo e sul suo corpo ci sono segni di un violento pestaggio.
Gli 007 italiani arrivati giovedì al Cairo dicono che il ragazzo è morto per le sue idee. Al momento la collaborazione promessa dalle autorità egiziane sembrerebbe essere rimasta sulla carta.
“Ci aspettiamo che sia raggiunta al più presto la verità e che sia fatta giustizia – ha detto il ministro della Giustizia italiano, Andrea Orlando – Chiediamo piena collaborazione alle autorità egiziane e chiediamo loro di agire con determinazione, trasparenza e rapidità”.
Due le ipotesi sul movente dell’omicidio: il suo lavoro sui sindacati, ma, anche, che il 25 gennaio, dopo aver preso la metro, Giulio si sarebbe unito con altri manifestanti nella zona di Giza e lì sarebbe stato fermato assieme ad altri attivisti.
“Giulio era qui a lottare per i diritti dei lavoratori egiziani e per la rivoluzione egiziana – sosteiene Sally Toma, un’attivista del Cairo – Era uno di noi. Purtroppo è morto allo stesso modo in cui stanno morendo tanti egiziani”.
Al Cairo intanto cade l’ennesima bugia: i due sospetti, fermati in tutta fretta venerdì, sono stati rilasciati, mentre l’opinione pubblica internazionale si interroga ora sulla sorte dei tanti desaparecidos egiziani.