Non erano due gli attentatori alla stazione degli autobus di Bersheeba, ma uno solo, che ha aperto il fuoco uccidendo un soldato israeliano e ferendo
Non erano due gli attentatori alla stazione degli autobus di Bersheeba, ma uno solo, che ha aperto il fuoco uccidendo un soldato israeliano e ferendo altre 11 persone. Le forze di sicurezza hanno poi ucciso l’assalitore palestinese e anche un cittadino eritreo, scambiato per un terrorista.
La serie di violenze delle ultime settimane ha provocato una cinquantina di vittime tra arabi e israeliani.
“Devo vivere in un mondo in cui ho paura ad uscire di casa – si chiede una ragazza israeliana, Sima Koseshvili – per andare all’Università o al lavoro o a fare compere? Tutto fa paura e io voglio che la polizia sia più attiva e incrementi la presenza delle forze di sicurezza.”
Domenica Israele ha eretto una barriera di cemento tra il quartiere arabo di Jabel Mukabar a Gerusalemme e quello ebraico adiacente.
“Il termine migliore per descrivere questo è apartheid – commenta un abitante, Anan Matar -. Avevamo già un muro di separazione tra noi e la Cisgiordania, ora c‘è un muro anche dentro Gerusalemme. Vogliono dividere gli abitanti della città.”
Tel Aviv e altri tre comuni israeliani hanno temporaneamente vietato l’accesso del personale arabo negli edifici scolastici, mentre nuovi scontri si sono verificati a Ramallah, vicino all’insediamento di Beit El. Giovani palestinesi hanno lanciato pietre contro le forze di sicurezza, che hanno usato gas lacrimogeni e pallottole di gomma.