Foto: per cortesia della Camera dei Deputati su Flickr Familiari, rappresentanti politici, militanti e cittadini hanno dato l’ultimo saluto a Pietro
Foto: per cortesia della Camera dei Deputati su Flickr
Familiari, rappresentanti politici, militanti e cittadini hanno dato l’ultimo saluto a Pietro Ingrao, tra le figure più importanti del Partito Comunista Italiano ed ex presidente della Camera, morto domenica scorsa all’età di 100 anni.
Davanti a Montecitorio per i Funerali di Stato c’erano le massime cariche istituzionali: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i presidenti di Senato e Camera dei Deputati Pietro Grasso e Laura Boldrini e il primo ministro Matteo Renzi. Presente anche il Presidente emerito della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, ex compagno di partito di Ingrao.
Sul palco hanno preso la parola familiari, politici e personalità del mondo della cultura. Ingrao “la politica se la portava anche in famiglia, aveva una grande passione per le vite degli altri”, ha raccontato la figlia Renata.
La presidente della Camera Boldrini ha ricordato come Ingrao coltivasse il dubbio, “segno di una profonda onestà intellettuale e di un sincero rispetto nei confronti delle persone cui si rivolgeva, alle quali non riteneva giusto elargire facili ed effimere certezze”.
“Pietro #Ingrao non si è mai fatto contagiare dal potere, che è spesso la malattia della politica”, Don Luigi Ciotti. pic.twitter.com/eDOsFKInms
— Camera dei deputati (@Montecitorio) 30 Septembre 2015
Per l’ex partigiano Alfredo Reichlin la grande lezione di Ingrao è stato dimostrare che la politica “ha bisogno di una dimensione etica e morale e non può ridursi a lotta del potere”.
Per Don Luigi Ciotti, Ingrao si distingueva per non essersi “mai fatto contagiare dal potere”.
Il feretro (sul quale oltre ai fiori sono stati deposti un caschetto blu offerto dagli operai delle acciaierie di Terni e una sciarpa rossa di Don Gallo) ha lasciato Montecitorio intorno alle 13, accompagnato dalle note di “Bella Ciao”.
Un secolo di impegno politico
Ingrao è stato il comunista del “dissenso”, il primo a esprimere negli anni ’60 diversità di opinioni con il segretario del Partito Comunista. Nel 1966 all’XI Congresso del PCI esprime perplessità nei confronti della difesa del centralismo democratico fatta dal segretario Luigi Longo e pronuncia una frase che resterà celebre: “Non sarei sincero se dicessi a voi che sono rimasto persuaso”.
Del PCI Ingrao ha rappresentato l’ala sinistra, tanto da far coniare il termine “Ingraismo”, ma ha anche approvato la linea della dirigenza in due occasioni, pentendosene in seguito: l’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici nel 1956 (che ha definito “il mio errore più grande”) e l’espulsione dal Pci del “gruppo de Il Manifesto”.
Nato a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo 1915, Pietro Ingrao si laurea in Giurisprudenza e in Lettere e Filosofia.
Antifascista, nel Partito Comunista dal 1940, partecipa attivamente alla Resistenza: conosce Laura Lombardo Radice, anche lei militante antifascista, con la quale si sposa nel 1944 (avranno cinque figli).
Pietro Ingrao è stato direttore dell’Unità dal 1947 al 1956. Nel 1948 viene eletto deputato per la prima volta: la sua vita parlamentare continuerà fino al 1992.
Dal 1976 al 1979 è stato presidente della Camera dei Deputati, primo esponente comunista a ricoprire la terza carica dello Stato. Dopo essersi opposto alla “svolta della Bolognina”, che ha portato allo scioglimento del Partito Comunista, Ingrao ha aderito al PDS nel 1991. Due anni dopo lascia il partito per entrare in Rifondazione comunista(vi resta fino al 2008).
Ingrao è stato anche scrittore e poeta: fra le sue numerose opere “Volevo la luna” (2007), autobiografia e riflessioni su decenni di storia italiana e mondiale, dall’antifascismo, alla ricostruzione del Paese, alla Guerra Fredda.
I ricordi di: