Tutto quello che c'è da sapere sul referendum greco

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Di Euronews
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Domenica 5 luglio i cittadini greci si recherenno alle urne per un compito molto importante: votare in un referendum il destino della Grecia. Dalla

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Domenica 5 luglio i cittadini greci si recherenno alle urne per un compito molto importante: votare in un referendum il destino della Grecia. Dalla sua elezione, a gennaio scorso, Alexis Tsipras è stato protagonista di un braccio di ferro con le istituzioni europee e il Fondo Monetario Internazionale. Al centro dei negoziati, andati avanti ininterrottamente per cinque mesi la definizione di un nuovo accordo tra Atene e l’ex troika, in grado di sbloccare l’ultima tranche del piano di aiuti ed evitare il default del Paese.

La cronaca convulsa delle scorse settimane ha, però, generato confusione e in molti hanno perso il segno di quello che è successo a Bruxelles e che sta accadendo ad Atene in queste ore.

Perché il referendum?

E’ questa la domanda che si sono posti anche i creditori internazionali venerdì notte, http://www.euronews.com/2015/06/27/greece-the-gloves-are-off-in-brussels/, quando hanno scoperto che Tsipras aveva annunciato d’indire la consultazione pubblica sulla bozza- ancora in definizione- di accordo tra Atene e l’ex Troika.

Il Governo Tsipras ha spiegato la decisione spiegando la necessità- visto lo stallo nei negoziati – di sottoporre ai cittadini la proposta di accordo giunta dai creditori internazionali.

L’esecutivo di Atene, che giudica inaccettabili le proposte contenute nella bozza di accordo, ha anche invitato i cittadini a votare No.

Il quesito del referendum è chiaro?

Non per tutti. La domanda che il 5 luglio sarà posta ai greci, infatti. presuppone una conoscenza molto approfondita dei principi economici. E questa potrebbe anche non bastare.

Il quesito che sarà sottoposto ai cittadini greci, infatti. recita così:“Dovremmo accettare la proposta di accordo del 25 giugno 2015 presentato dalla Commissione europea, la Banca Centrale europea e il Fondo Monetario Internazionale, composto da due documenti che formano insieme una proposta unica?”.

I documenti ai quali il quesito fa riferimento, poi, sono in inglese e titolati come segue: “Riforme per completare l’attuale programma di aiuti e oltre” e “Analisi primaria sulla sostenibilità del debito greco”.

Tutto chiaro?

Alcuni hanno criticato anche la scelta del governo di anteporre il simbolo per il No a quello per il Si, privilegiando una grafica che sembra avvantaggiare il rigetto della proposta.

Ma cosa succede nel caso di una vittoria dei si o dei no?

In caso di una prevalenza dei “No” in molti fanno fatica a credere che il Paese possa restare nella zona euro, cosa che implica il ritorno alla dracma.

Questo scenario, che pure molti nel partito di Tsipras si sono augurati, nasconde in realtà troppe incognite e rappresenterebbe un salto nel buio per il Paese e per l’intera Eurozona.

Una vittoria dei “Si” comporterebbe, invece, il ritorno di alcune misure di austerità. Seppure in forma molto meno marcata rispetto alle politiche lacrime e sangue approvate nel 2011. In questo caso lo stesso Tsipras, che ha apertamente appoggiato la campagna per il “No”, potrebbe anche annunciare le sue dimissioni.

Come si è arrivati alla situazione attuale in Grecia?

La Grecia entra nell’euro nel 2001, per farlo, però nasconde lo stato reale dei suoi conti pubblici. La denuncia ufficiale arriva soltanto nel 2009 dal Premier di allora, il socialista Papandreou.
http://www.reuters.com/article/2010/02/26/eurozone-greece-papandreou-idUSLDE61P0ZO20100226. Atene viene così accusata di non aver mai rispettato i cosidddetti criteri di convergenza, necessari per garantire la coesistenza del Paese all’interno di una moneta condivisa con Paesi molto più stabili economicamente, ma soprattuto con i conti pubblici in ordine.:http://www.bloomberg.com/news/articles/2011-05-26/greece-cheated-to-join-euro-sanctions-since-were-too-soft-issing-says.

La situazione peggiora drasticamente con l’arrivo della crisi finanziaria mondiale. La Grecia crolla. Viene preparato un piano di aiuti, il primo, da 110 miliardi di euro. I soldi provengono da Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale europea e i Paesi dell’Eurozona, rappresentati dall’Eurogruppo (i ministri delle finanze della zona euro) e dalla Commissione europea.:http://money.cnn.com/2010/05/02/news/international/greece_bailout/ (it later rose to 240bn euros).

Per averli, però, Atene sottoscrive un memorandum dalle conseguenze devastanti per il welfare state e la vita di migliaia di comuni cittadini. La cosiddetta austerità colpisce: sanità, pensioni, posti del settore pubblico, istruzione..

A questo si aggiunge un crollo vertiginoso del Pil (-25% in cinque anni) con conseguente chiusura di attività e negozi e un aumento della disoccupazione, attorno al 25% e al 50% tra i giovani:http://uk.reuters.com/article/2015/05/13/uk-eurozone-economy-greece-idUKKBN0NY0VY20150513

Nel gennaio 2015 Alexis Tsipras vince le elezioni indette a seguito dell’ennesima crisi politica che vede l’ex Premier Samaras consegnare le dimissioni.

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Per Tsipras e il suo partito Syriza, una coalizione di gruppi di sinistra radicale, è boom di consensi.

Perché adesso?

Il piano di aiuti concesso alla Grecia, già esteso dopo il primo da 110 miliardi di euro, scade il 30 giugno 2015. Entro questa data Atene avrebbe anche dovuto rimborsare 1,6 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale.

Dalla sua elezione a fine gennaio Tsipras è stato impegnato in lunghissimi negoziati in grado di sbloccare l’ultima tranche di aiuti del secondo programma di salvataggio dal valore di 7,2 miliardi di euro.

I creditori europei e il Fondo Monetario Internazionale hanno chiesto ad Atene, in cambio dello sblocco della tranche di aiuti, di approvare una serie di riforme. Tra queste nell’ultima proposta spiccano: i tagli alle esenzioni fiscali di cui gode il settore degli armatori (una delle lobby più potenti dell’economia ellenica) e quelli al prepensionamento nel settore pubblico.

Nonostante i mesi di incontri, vertici ed Eurogruppi, però, il dibattito non sembra aver portato a molto.

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Quale sarebbe l’impatto di una Grexit?

L’uscita della Grecia dalla moneta unica darebbe il probabile avvio a un’altra crisi finanziaria. Dopo quella che la Bce e i Paesi dell’Eurozona faticano ancora a calmierare.

Esperti e studiosi del diritto comunitario spiegano, però, che l’uscita di un Paese dalla moneta unica non è previsto dai trattati. La moneta unica non è un processo reversibile. La sola uscita prevista è quella dall’Unione europea.

Per i sostenitori una “Grexit” comporterebbe la progressiva svalutazione della dracma, cosa che ridarebbe competività all’economia greca, oggi soffocata da una moneta forte e operante in un contesto di Paesi forti. Mentre altri analisti temono che la Grexit potrebbe avere effetti devastanti sulle altre economie deboli dell’Eurozona, come Portogallo e Spagna, e quelle fortemente indebitate come l’Italia.

Intervenendo qualche settimana fa a Francoforte Mario Draghi ha annunciato:“Con l’uscita della Grecia dall’euro ci addentreremo in un territorio inesplorato”.

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