Che facciano parte dei Rohingya (la minoranza musulmana perseguitata in Myanmar) o che vengano dal Bangladesh per sfuggire alla povertà, poco
Che facciano parte dei Rohingya (la minoranza musulmana perseguitata in Myanmar) o che vengano dal Bangladesh per sfuggire alla povertà, poco importa. Saranno curati e poi rispediti indietro.
Anche il sudest asiatico vive la sua crisi dei migranti: in un campo profughi in Indonesia, nella provincia di Aceh, soltanto questa settimana sono stati registrati oltre 400 richiedenti asilo. Le altre destinazioni più gettonate: Malesia e Thailandia.
Finora le pressioni dei Paesi occidentali e delle Nazioni Unite sono riuscite solo ad evitare il peggio: “C‘è il principio di non respingimento, che vieta di rimandarli in situazioni o circostanze pericolose”, ha sottolineato Ban Ki-moon dal Vietnam.
Jakarta, però, insiste che si tratta di accoglienza temporanea. Persino più rigida la reazione delle autorità birmane: dopo che le foto di una “carretta del mare” con a bordo stipati 200 migranti hanno fatto il giro del mondo, il governo insiste che si tratta di persone originarie del Bangladesh.
Myanmar rescues hundreds of migrants trapped at sea on over-packed boats http://t.co/aNdpHtQeifpic.twitter.com/zxTeWhASOQ
— Mashable (@mashable) 22 Maggio 2015
Anche in questo caso: prima l’assistenza e poi il rimpatrio. Un approccio che non fermerà le nuove tragedie del mare: dopo il giro di vite della Thailandia sull’immigrazione, gli scafisti abbandonano sempre più spesso i migranti alla deriva.
The #Rohingya tragedy :( #boatpeoplepic.twitter.com/ytTef8E0aD
— Usama Hasan (@drusamahasan) 16 maio 2015