B.B.King è morto, la sua musica no. A quasi novant’anni, di cui sessanta in carriera, il modernizzatore del blues, quello che lo aveva
B.B.King è morto, la sua musica no. A quasi novant’anni, di cui sessanta in carriera, il modernizzatore del blues, quello che lo aveva elettrificato e lo aveva reso più morbido e più urbano, lascia una schiera immensa di grandi nomi della musica che si sono ispirati a lui o che comunque da lui sono stati influenzati.
Riley B.King, che poi usò le iniziali B.B. per Blues Boy, o per Beale Street Blues Boy, si era formato musicalmente a Memphis, e Beale Street è la grande via del blues, oggi trasformata nel principale centro del culto di B.B.King.
Da lavoratore nelle piantagioni di cotone, come lo erano stati i genitori, a icona della musica mondiale: B.B.King ha avuto un percorso straordinario, ma a vederlo non sembrava.
È sempre stato un personaggio dalla grande semplicità, anche quando riceveva una medaglia dall’allora presidente degli Stati Uniti George W.Bush o quando regalava una delle sue chitarre, tutte battezzate Lucille, a Papa Giovanni Paolo II.
“Penso che la gente, cioè Dio e la gente siano sempre stati buoni con me in tutti questi anni. Mi piace fare quello che faccio e lo farei anche gratis se qualcuno mi pagasse le bollette. Ma mi pagano per fare qualcosa che mi piace comunque fare, e questo è qualcosa che apprezzo”.
Un chitarrista straordinario che ha modernizzato il blues portandolo a incrociare le strade del Jazz e del Rock n’roll, ma nello stesso tempo un bluesman all’antica, di quelli che non potevano fare a meno del contatto con il pubblico: era sempre in concerto, solo la figlia è riuscita a non farlo salire sul pullmino della band nell’ultimo periodo, perché era preoccupata per le sue condizioni di salute.