Regno Unito, una vita da precari

Regno Unito, una vita da precari
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Di Hans von der Brelie Agenzie:  DEBORA GANDINI
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A Liverpool spende il sole, si respira aria di primavera. Ma William è pensieroso. Come ogni giorno aspetta di essere chiamato per andare a lavorare

A Liverpool spende il sole, si respira aria di primavera. Ma William è pensieroso. Come ogni giorno aspetta di essere chiamato per andare a lavorare.

Ci racconta di come funziona, o non funziona, il mercato del lavoro britannico: contratti part-time e precarietà. Lui, da anni, è freelance in una fabbrica di biscotti, a volte viene chiamato per fare sostituzioni da sette ore a settimana o venti, ma capita anche di non avere lavoro. Il posto fisso resta per ora una chimera.

La vita per William è dura, ha una figlia da mantenere, l’affitto da pagare, e lo stipendio da precario non basta. Per ridurre la spese ha smesso di fumare. La sua giornata tipo è fatta di attese: gira sempre con il telefonino in mano. Niente diritti, non si può permettere neppure di ammalarsi.

“Giorni di malattia!? Se ti ammali non lavori e non vieni pagato! Prendi i soldi solo se lavori. Quando è nata mia figlia, ho chiesto il congedo di paternità pagato, ne avevo tutto il diritto, e così sono andato a chiedere all’agenzia interinale che mi procura il lavoro. Mi sono preso due settimane, ma quando sono andato in banca non c’erano soldi. L’agenzia mi ha risposto che non ne avevo il diritto perché non avevo fatto sei mesi consecutivi con loro, ma non era vero”, ci racconta William.

I contratti a “zero-ore”, quelli che pagano solo le ore lavorate, nel Regno Unito stanno ormai prendendo il posto degli inderminati. Il personale fisso è un’eccezione. Alcune catene come “Direct Sport” impiegano fino al 90% di personale con contratti ultra-flessibili. Ci sono poi aziende che applicano gli stessi diritti sia ai lavoratori permanenti che a quelli temporanei. Ma non è il caso della fabbrica di William.

“Lavoro con persone che guadagnano molto più di me e fanno il mio stesso lavoro. A volte gli impiegati lavorano il doppio solo farsi notare e ottenere un contratto a tempo pieno. E’ frustrante, non so mai se riuscirò a lavorare abbastanza in un mese per pagare affitto, bollette, cibo, è difficile vivere in questo modo”, prosegue William.

Da Liverpool ci spostiamo nella City, a Londra. In questa campagna elettorale i conservatori puntano sui 2 milioni di posti di lavoro creati dal 2010, grazie a quello che chiamano “mercato del lavoro flessibile”, dove secondo loro nessuno viene sfruttato.

Ma c‘è anche chi sostiene il contrario, come il Direttore del Personale di “Extraman Recruitment”: http://www.extramanrecruitment.co.uk/, un’agenzia interinale. Molti lavoratori vivono sotto pressione, rinunciano al diritto alla parità di retribuzione, pur di guadagnare qualcosa, non hanno assicurazioni nè ferie.

“E’ necessaria una grande riforma contro lo sfruttamento e la corruzione all’interno di alcune agenzie, ci sono centinaia di migliaia di precari che ogni giorno perdono i loro diritti. E’ in atto un vero e proprio abuso di queste persone. Invece di dare agevolazioni fiscali ai precari, si avvantaggiano solo le agenzie. Si tratta di uno schema che sta facendo perdere al fisco oltre un miliardo di sterline all’anno”, fa notare Adrian Gregory, Direttore di “Extraman Recruitment”.

Per chi arriva dai paesi dell’Europa orientale o meridionale, Londra sembra tuttavia il posto migliore dove trovare lavoro. E’ il caso di Nicola. Un ragazzo italiano deluso dal BelPaese dove la disoccupazione giovanile ha toccato cifre record. Con un mercato flessibile e i contratti a “zero-ore”, da due anni lavora come barista in un club sportivo. Se dovessero vincere i Laburisti, Nicola potrebbe anche essere assunto. Il sogno di milioni di giovani e non. Posto fisso, garanzie, malattia pagata.

“Sono fortunato, lavoro 40 ore a settimana. Certo non ho vacanze né giorni di malattia. Se voglio prendere due settimane di pausa perdo due settimane di lavoro, e quindi perdo soldi”. E’ l’altra faccia della medaglia, sostiene Nicola.

Come da copione, il dibattito sui contratti e sulla riforma del mercato del lavoro è infuocato. Da una parte la Confederazione dell’Industria Britannica difende la flessibilità nel lavoro mentre tuonano i sindacati: è un ritorno al passato.

Dalla metropoli ci spostiamo in campagna. Siamo a Barnstaple, una tranquilla cittadina nel Devon. Qui incontriamo Cecily Blyther. Da sette anni è insegnante di sostegno, aiuta studenti in difficoltà. Uno dipendente su quattro nel campo dell’istruzione ha un contratto a “zero-ore”, come Cecily. “Indeterminato” per lei è una parola che non esiste.

Nato a Manchester, Geoff Southern ha trovato invece il suo “paradiso” a Jersey, l’isoletta “off-shore” nel canale della Manica. Prima Insegnante, poi operaio, e ora attivista politico, da tempo si batte per i diritti dei lavoratori precari. E gli imprenditori cosa ne pensano? Gino è proprietario di diversi piccoli bar. Lavora sodo e il suo motto è: una fiorente economia ha bisogno di libertà, quindi di flessibilità totale.

In un clima di recessione e di politiche di austeritá, il divario tra ricchi e poveri si sta inevitabilmente allargando e la domanda è sempre la stessa. Più o meno regole nel mercato del lavoro? Dopo le proposte dei politici, la parola passa ora agli elettori.

Bonus:

Nicola Smith: ‘‘New jobs are mostly low-pay and insecure’‘

Adrian Gregory: ‘‘A new scam is invented every month’‘

Geoff Southern: ‘‘Temp agency work is used to get round the law’‘

Gino Risoli: ‘‘Put all employment laws into the dustbin’‘

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